Sono ovunque, dissipati in ogni quartiere, in ogni rione, in ogni spazio utile dal quale può essere ricavato un vano, un locale, un perimetro da murare.
Li chiamano “circoli abusivi” o anche circoli ricreativi, quelle stanze rimediate tra la precarietà e il degrado peculiari della vita in periferia, quella che si consuma a ridosso dei margini della società, caratterizzata da scarse – o del tutto inesistenti – proposte culturali e ricreative, e non solo.
Tra “i più celebri luoghi di ritrovo ricavati dal nulla” esibiti dalla periferia orientale di Napoli, vi è quello allestito nel Rione Conocal, in omaggio a Maradona. Un murales riuscito piuttosto male, dedicato al Pibe de oro, affiancato dalla scritta “chi ama non dimentica”, contorna uno dei circoli ricreativi più attempati del quartiere Ponticelli. Frutto di una scelta tutt’altro che casuale quella riproduzione del volto di Maradona così poco somigliante al fuoriclasse argentino e molto più facilmente accostabile a un “guagliunciello ‘e miez’ a via”.
Un murales che sottolinea come e quanto la camorra sappia serpeggiare tra le ambiguità per trarne fascinoso vantaggio.
Tant’è vero che, alcuni avventori di quel circolo, spingono fortemente l’immaginario collettivo a credere che quel murales sia un tributo a un “caduto di camorra”, come se un boss ucciso per servire il clan fosse più meritevole di un stima, tributo e ammirazione rispetto a quelle che i napoletani rivolgono a Maradona.
La promiscuità tra sacro e profano è uno dei tratti peculiari e distintivi della cosiddetta “zona grigia”.
A prescindere dallo sfondo che funge da contorno ai suddetti locali che non di rado richiamano colori e simboli riconducibili alla Napoli calcistica, piuttosto che alla Madonna dell’arco, cosa c’è all’interno di questi ormai celeberrimi circoli che ogni giorno accolgono dozzine di giovani?
Nessuno ha voglia di raccontarlo.
Meno di un mese fa, proprio in un circolo ricreativo del quartiere Ponticelli, nel Lotto O, due sicari hanno messo a segno un agguato di camorra costato la vita anche a un 19enne del tutto estraneo alle dinamiche criminali.
Un fatto che ha toccato e sconcertato tutti, “buoni e cattivi”.
Perché è fin troppo facile per quei ragazzi immedesimarsi nei panni di Ciro Colonna, questo il nome del giovane, ucciso perché si era recato in quel circolo ricreativo per evadere dalla noia, come fanno in tanti.
Una vittima della mancanza di proposte, idee ed alternative che contraddistingue l’inerzia di quei contesti, insomma.
Appena un anno prima, stessa dinamica, stessa modalità di esecuzione, stessa location: un agguato di camorra, messo a segno in un circolo ricreativo del Lotto O, poco distante da quello in cui i killer hanno fatto irruzione lo scorso 7 giugno.
Questa associazione di fatti e persone, porta facilmente a propendere verso deduzioni del tipo: “covi di malviventi”, “bunker dei clan”.
Invece, la realtà è assai più drammatica di quello che appare.
Il nulla, la noia e l’assenza di attività ludico-ricreative fagocita anche e soprattutto i ragazzi che non vogliono, non sanno e non intendono impugnare le armi, fondendo le loro ore di svago a quelle dei loro coetanei che, invece, hanno scelto di scalfire tutt’altra sorte nei loro destini.
Spazi estrapolati dal nulla, che non avrebbero ragione d’esistere, perché spesso ricavati dalla chiusura delle intercapedini murarie dei palazzi popolari che non potrebbero né dovrebbero essere cementificate.
Che succede se i vigili urbani irrompono per apporre i sigilli ai locali abusivi?
Nel giro di poche ore, i sigilli vengono rimossi e i locali sono resi nuovamente agibili. A meno che non ci scappi il morto.
I circoli nei quali i ragazzi si ritrovano per giocare a carte piuttosto che al biliardo, tuttavia, rappresentano solo la punta dell’iceberg. Un agglomerato di giovani “scartati” dalla società ordinaria perché impossibilitati a raggiungere i più acclamati luoghi di ritrovo della città o dei comuni limitrofi, perché sprovvisti di auto e moto e la scarsa copertura della zona da parte dei mezzi di trasporto pubblico gioca la sua parte. È così che nella zona grigia le cose “normali” diventano “paradossali” e quelle “scontate” addirittura “impossibili”.
Non di rado accade che i suddetti locali ricavati abusivamente accolgano attività commerciali, mercerie, negozi di vario genere, mini-market improvvisati, come nel caso del parco Merola di Ponticelli, dove di locali ricavati abusivamente e destinati ad uso commerciale ve ne sono ben due: pasta, pane, caramelle, sigarette, autentiche piazze di spaccio di generi di prima necessita che rivendicano la loro ragione d’esistere nell’isolamento peculiare di quel luoghi, unitamente all’eccessiva distanza del primo “supermarket” dichiarato, impossibile da raggiungere a piedi per chi vive in quel posto.
Così, in questi luoghi, la popolazione impara a fare di necessità virtù o di virtù necessità. Questione di prospettive e punti di vista.
Talvolta e non di rado, i locali abusivi vengono adibiti ad abitazioni occupate da famiglie che esibiscono un considerevole numero di bambini. Allacci – altrettanto – abusivi di acqua e luce, per alimentare sontuose tv al plasma e vari ed eventuali accessori ed orpelli tutt’altro che “di prima necessità”.
Accampamenti ricavati dal nulla che “nascondono” piccole, ma lussuose suite dotate di tutti i comfort: questo, talvolta, si cela, dietro la porta di un locale ricavato abusivamente.
Un fenomeno longevo e dilagante, ormai recepito come “normale” anche e soprattutto da parte di chi dovrebbe intervenire per assicurare il rispetto di quelle regole che, in taluni luoghi e in certe circostanze, assumono un clamoroso “rovesciamento del fronte”.
Nelle terre di camorra, tutto è lecito, perfino che l’illecito diventi lecito.