Dopo il caso eclatante dell’ex governatore pugliese Nichi Vendola e le polemiche sull’utero in affitto, la Cassazione si pronuncia sulla stepchild adoption.
Già nell’ Atene del IV secolo a.c. Menandro scriveva: “E’ padre chi alleva, non chi genera”. Il diritto alla genitorialità viene ora contemplato dalla Cassazione che con la sentenza 12962 della Prima sezione civile, dà il via libera alla stepchild adoption, secondo criteri specifici, chiarendo che “l’adozione si accorda se realizza pienamente il preminente interesse del minore“. Nel dettaglio, la Suprema Corte ha evidenziato che la stepchild adoption “non determina in astratto un conflitto di interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l’eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice”. Si aggiunge che “l’adozione prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempre che, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore”.
Dopo due sentenze a favore di una coppia di mamme che si sono sposate in Spagna, una delle quali è madre biologica di una bimba di sei anni, la procura della Cassazione, lo scorso 27 maggio, aveva chiesto di passare la parola alle sezioni unite civili, rigettando il ricorso del procuratore generale, contrario alla decisione di far adottare la bambina alla compagna della madre biologica, approvata in appello e anche nella prima sentenza dell’agosto 2014. Nel caso specifico non vi era uno stato di abbandono del minore; per questo si è favorito il consolidamento della situazione esistente. L’orientamento di adozione per coppie omosessuali, è attualmente quello di valutare i singoli casi, a patto che si faccia l’interesse del minore.