Oggi, 26 giugno, di celebra per la 18esima volta la Giornata Internazionale contro la tortura.
Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, si sta battendo per l’introduzione in Italia del reato di tortura.
Una petizione, un video, una battaglia lunga, partecipata, sofferta, significativa, volta a porre fine a quel genere di situazioni che hanno spezzato la vita di Stefano e di molti altri uomini, entrati in una caserma piuttosto che in carcere sulle proprie gambe e finiti in obitorio, ridotti in larve umane e straziati da evidenti segni di tortura.
“In questo nostro Stato manca un fondamento: quello del reato di tortura. Non è uno Stato di diritto quello che permette che per questo orrore disumano non ci sia alcuna condanna, perché il reato di tortura in Italia non c’è.
Vivo a Roma e di Roma è tutta la mia famiglia. È qui che sono cresciuta: non da sola, ma insieme a mio fratello Stefano, quello “famoso”. Stefano Cucchi, “famoso” perché morto tra sofferenze disumane quando era nelle mani dello Stato e, soprattutto, per mano dello Stato.
Nell’ottobre del 2009 non sono stata picchiata. Non mi hanno pestato, non mi hanno rotto a calci la schiena, non ho avuto per questo bisogno di cure mediche. Non mi hanno torturato. Sono viva. Sono viva e combatto con una giustizia che ha dimenticato i diritti umani.
Sono viva e da allora mi batto per non smettere di credere. Ecco perché chiedo che Parlamento e Governo approvino finalmente, ed entro quest’anno, il reato di tortura in Italia. Non solo: se ridaremo dignità e giustizia ai nostri cari il dolore, la disperazione e la solitudine che soffriamo non saranno stati un sacrificio vano. Battiamoci allora insieme per un Paese più giusto, dove la tortura è un reato e dove la violenza di Stato non deve esistere.”
Nonostante i numerosi impegni internazionali presi, in Italia manca ancora oggi il reato di tortura.
La Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984, ratificata dal nostro paese nel 1988, prevede che ogni stato si adoperi per perseguire penalmente quegli atti di tortura delineati all’art. 1 della Convenzione stessa.
Sono passati oltre 25 anni, ma in Italia il reato di tortura continua a essere un miraggio.
A 13 anni dal G8 di Genova del 2001, molti dei responsabili di gravi violazioni dei diritti umani sono sfuggiti alla giustizia e in Italia mancano strumenti idonei per prevenire e punire efficacemente le violazioni. Nel frattempo, molti altri casi che chiamano in causa la responsabilità delle forze di polizia sono emersi e, purtroppo, continuano a emergere, senza che vi sia stata una risposta adeguata da parte delle istituzioni.
Per fermare queste violazioni e a beneficio del ruolo centrale della polizia nella sua funzione di protezione dei cittadini, è urgente colmare le lacune esistenti al più presto.
Dopo il fallito tentativo della XVI legislatura, è stata positiva la presentazione di nuovi disegni di legge, poi confluiti in un testo unificato, sul reato di tortura. La discussione al Senato, iniziata il 22 luglio 2013 in seno alla commissione Giustizia, si è conclusa con l’approvazione del testo unificato lo scorso 5 marzo, con voto quasi unanime.
Il testo, positivamente, introduce un reato specifico di tortura e non richiama il requisito della necessaria reiterazione degli atti di violenza o minaccia perché si possa parlare di tortura. Quanto invece alle criticità, il reato viene qualificato come comune e quindi imputabile a qualunque cittadino, anche se si prevede l’aggravante se commesso da pubblico ufficiale; questo, è stato possibile grazie all’approvazione di un emendamento proposto in fase di discussione che ha modificato il testo originario, che invece mirava a qualificare il reato di tortura come reato proprio, oltre che specifico, punibile solo se commesso da un pubblico ufficiale. Un’altra criticità consiste nella non perseguibilità delle condotte omissive.
Inoltre, rispetto alla prima versione del disegno di legge, è stata purtroppo eliminata la parte dell’art. 5 che prevedeva l’istituzione di un fondo nazionale per le vittime della tortura.
È essenziale che il reato di tortura venga introdotto nel codice penale italiano quanto prima e nel massimo rispetto degli standard internazionali, garantendo in questo modo la copertura nazionale della violazione e contribuendo alla prevenzione della tortura e dei maltrattamenti.
Pertanto occorre approvare tempestivamente la legge che introduce il reato di tortura in Italia e che questa soddisfi tutti gli standard internazionali che il nostro paese si è più volte impegnato a osservare.