Nuovi e ancor più macabri dettagli emergono intorno al Parco Verde di Caivano, “il parco degli orrori”, dove, a distanza di pochi mesi sono morti due bambini in circostanze misteriose, sulle quali gli inquirenti non hanno mai smesso di cercare di far luce, per consentire alla verità di emergere e rendere giustizia a due vite innocenti, brutalmente uccisa.
Un quadro complesso, quello che si fa spazio tra il degrado e l’omertoso e complice silenzio che contraddistingue la vita tra i palazzoni del parco Verde e che ha consentito di sgominare ua rete di pedofilia.
Ma non è tutto.
Oggi, l’attenzione dei media e degli inquirenti, è tutta riversata su Marianna Fabozzi, madre delle tre bambine che accusano il suo convivente Raimondo Caputo, detto “Titò”, degli abusi e dell’omicidio di Fortuna.
La donna risulta formalmente indagata per l’omicidio volontario di suo figlio Antonio Giglio, 3 anni, precipitato dal settimo piano dello stesso isolato la sera del 27 aprile 2013. La donna avrebbe scaraventato di proposito il bambino nel vuoto. La Fabozzi, inoltre, è accusata dal compagno di essere anche l’artefice dell’omicidio di Fortuna.
Finora, nei suoi confronti, era stato ipotizzato l’omicidio colposo.
Nel carcere di Benevento nel quale è detenuta, durante la giornata odierna, la donna sarà ascoltata dai magistrati della Procura di Napoli che indagano sulla vicenda.
Ad accusare la donna anche Antonella Caputo, sorella di Caputo, così come emerge dalle dichiarazioni contenute in un file audio mandato in onda da Radio 1 Rai: “La tapparella era rotta, alzata a metà, lei l’ha sollevata ancora e ha buttato giù il figlio. L’ex marito la ricattava, non voleva farle vedere la creatura, e allora lei ha detto o con me o con nessuno”.
Antonio precipitò il 27 aprile 2013, Chicca il 24 giugno 2014.
Stesso palazzo: stabile 3, scala C; stesso volo nel vuoto, Chicca dall’ottavo piano, Antonio dal settimo; stesso contesto «familiare». Raimondo Caputo, l’uomo in carcere accusato di aver violentato e ucciso Chicca, è infatti il compagno di Marianna Fabozzi, la donna già in galera per non aver evitato che Caputo stuprasse le tre figliastre. Ma l’accusa di essere stata proprio lei s scaraventare giù dalla finestra suo figlio, aggrava notevolmente la posizione della donna. Dal suo canto, la Fabozzi continua a portare avanti la sua tesi, seguitando a dichiarare che il piccolo sia caduto da solo sporgendosi troppo, dopo essersi arrampicato sul cornicione per vedere un elicottero.
Antonietta Caputo, che quel giorno era in casa con Adele, ha fornito, però, a diversi organi di stampa una versione dei fatti differente: «Antonio è stato buttato giù dalla madre. Io ero in casa con loro quel giorno. E ho visto Marianna che teneva in braccio il bambino».
Anche il padre di Antonio, che da anni non ha più rapporti con la ex moglie, teme che dietro la morte del piccolo ci sia la mano della Fabozzi: «Lei mi odia. Ogni volta che chiedevo notizie di mio figlio mi minacciava. Non mi è stato neppure permesso di partecipare ai funerali o di andare al cimitero a mettere un fiore sulla tomba di Antonio».
Un contesto familiare che di “familiare” esibisce poco o nulla, tutti accusano tutti, tutti contro tutti e pronti a dichiarare tutto e il contrario di tutto.
Un palazzo tinto da copiose pennellate di cinismo ed omertà, dove il buon senso e il buon cuore non riescono a prevalere sulla paura e su quelle regole che dettano dottrine ideologiche e comportamentali ben definite, soprattutto in quei contesti e al cospetto di una realtà come quella che per anni ha tenuto in ostaggio l’innocenza dei bambini della scala C dell’isolato 3.