Lo Stato ha schierato 300 carabinieri del Comando provinciale di Napoli, stanotte, per dare luogo ad una vasta operazione anticamorra nel quartiere Ponticelli che ha portato all’arresto di circa 90 persone.
Una dura stangata da parte dello Stato, l’ennesima maturata mediante un maxi-blitz, quella inferta stanotte al clan D’Amico, l’organizzazione sorta in seguito al declino del clan Sarno, dalla fusione dei “reduci” sopravvissuti alla “cantata” dei pentiti e le nuove leve reclutate dal boss Antonio D’Amico, soprannominato “Fraulella”, leader dell’omonimo clan, al quale innumerevoli gregari hanno giurato servilismo e fedeltà proprio tatuandosi quel nomignolo affiancato da proiettili ed altri orpelli dal significato inequivocabile.
Fraulella a capo del clan ci è rimasto fino a quando non è finito in cella. Il fratello Giuseppe prima e la sorella Annunziata poi, hanno ereditato il controllo dell’organizzazione criminale. Ad avere la peggio, proprio quest’ultima: freddata lo scorso ottobre in un agguato brutale in cui si è vista giustiziare come un vero boss, di ritorno da un colloquio in carcere con uno dei suoi figli.
Uccisa a suon di colpi d’arma da fuoco nel cortile sotto casa, nel bel mezzo di quel Rione Conocal che rappresenta, da sempre, il quartier generale, la roccaforte del clan di Fraulella.
Dopo il blitz che portò all’arresto di circa 60 persone lo scorso marzo, il clan stava cercando di mettere insieme forze e manovalanza proprio sotto le direttive di Annunziata, alias “la passillona”, poi, l’agguato ha inferto l’ennesima mazzata al clan, che si vedeva privare non solo del perno portante, ma anche di una figura femminile amata e rispettata, seppur detentrice di ruoli assai controversi.
Annunziata D’Amico ha introdotto una tendenza cruciale che tanto racconta del nuovo modo di concepire e gestire le attività criminali, dove le donne assumono un ruolo quasi innaturale e poco confacente al “cuore di mamma”, ma che ormai vanno confermandosi e consolidandosi come una figura in sensibile ascesa tra le file dei clan.
Dalla detenzione delle armi da distribuire ai gregari quando c’è da mettere a segno un agguato o una stesa, al controllo delle dosi di droga che non di rado vengono distribuite “a domicilio” servendosi di baby-spedizionieri, fino alla gestione delle “imbasciate” e delle “bussate di porta”: questi e non solo i compiti delle donne del clan.
Anche durante il maxi-blitz di stanotte, tra le persone accusate di far parte, a vario titolo, del clan D’Amico, figurano molte donne.
I reati ipotizzati dalla Dda in ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Napoli sono associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidio, estorsione, narcotraffico, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco.
I carabinieri, stanotte, hanno completamente circondato l’area area del rione Conocal.
Secondo gli inquirenti, il clan, dopo l’omicidio della passillona era riuscito a ritrovare spessore arrivando a controllare tutte le attività illecite della zona est legate alla gestione delle piazze di spaccio, al racket delle estorsioni, al commercio delle case popolari.
Nel corso delle indagini, con una serie di attività tecniche, i carabinieri hanno ricostruito i contesti criminali inseriti nella vita quotidiana del rione.
Una stangata al clan, l’ennesima che genera un considerevole vuoto di potere che pone l’accento sul “vero” problema da sgominare per eludere il potere criminale: i vuoti di potere in relazione ai “troppi” clan ed aspiranti tali che militano sul territorio.
L’assenza di una struttura organizzativa piramidale dopo la grande guerra di camorra fra cutoliani e Nuova Famiglia che ha contraddistinto gli anni ’80 e ‘90 e la conseguente anarchia dei clan camorristici, genera l’insorgenza di focolai malavitosi frammisti, disseminati ed ostili.
“Tanti galli in un pollaio che vogliono primeggiare”: questa la riproduzione più fedele delle organizzazioni criminali che si contendono il potere tra centro cittadino e periferie.
Un vuoto di potere, quello insorto in seguito agli arresti di stanotte, che farà sicuramente gola a tanti “galli” che nel pollaio ci sono ancora e che si sentiranno legittimati a far sentire la loro voce.