Legambiente ha scoperto, attraverso un’accurata indagine sul territorio,che dietro il confezionamento e la distribuzione di una buona parte delle shopper biodegradabili si nasconde un business illegale che fattura milioni di euro.L’indagine ha stabilito che dietro un semplice sacchetto di plastica del supermercato,uno di quelli che comunemente utilizziamo per la spesa e che in Italia per legge dovrebbe essere biodegradabile e compostabile si nasconde l’ombra della malavita organizzata.
Il giro d’affari del traffico illegale di sacchetti plastici è impressionante: un sacchetto su due in circolazione è illegale. Un volume pari a circa 40 mila tonnellate di plastica, una perdita per la filiera legale delle vere “bioshopper” pari a 160 milioni di euro,30 dei quali solo per evasione fiscale.Una filiera illegale che danneggia chi produce correttamente bioplastiche compostabili e disincentiva gli investimenti nel settore.A questo bisogna sommare ovviamente i gravi danni arrecati all’ambiente e al mare, oltre all’aggravio dei costi di smaltimento dei rifiuti quantificato in 50 milioni di euro.Produrre fuori legge costa esattamente la metà: un chilogrammo di bioplastica costa circa 4 euro, mentre un chilogrammo di materiale in polietilene ne costa due.Sul mercato però i sacchetti illegali vengono venduti allo stesso prezzo e spesso imposti ai commercianti,rendendo alla filiera illegale enormi guadagni.
Per denunciare questo racket Legambiente ha lanciato la campagna #UnSaccoGiusto, con un testimonial d’eccezione, Fortunato Cerlino – alias Don Pietro Savastano, il boss della serie Tv Gomorra – che ha prestato la sua immagine per un corto di denuncia su questo nuovo business della criminalità organizzata.La campagna #UnSaccoGiusto è stata presentata alla Casa del Cinema a Roma.Presenti anche Massimiliano Noviello e Gennaro del Prete, i fondatori di Coop ventuno,l’azienda che in Campania commercializza bio shopper certificati e legali, a Castel Volturno.I due fondatori sono accomunati dalla morte dei rispettivi padri uccisi dalla camorra.
Con la campagna si vuole richiamare l’attenzione dei cittadini a controllare i sacchetti che utilizzano e a segnalare eventuali illegalità alla mail [email protected].Ma quali caratteristiche deve avere un sacchetto conforme alla legge? I sacchetti monouso biodegradabili e compostabili conformi alla legge, che possono essere tranquillamente utilizzati anche per la raccolta differenziata della frazione organica dei rifiuti, devono avere la scritta “biodegradabile e compostabile”, la citazione dello standard europeo “UNI EN 13432:2002” e il marchio di un ente certificatore che tutela il consumatore come soggetto terzo (Cic, Vincotte e Din Certco sono i più diffusi).
Tutti i sacchetti che non riportano queste specifiche danno un’informazione sbagliata e non sono conformi alla legge.In questa categoria, facilmente si trovano frasi o sigle illegali come sacchetti in polietilene (la plastica tradizionale), la scritta biodegradabile, la scritta biodegradabile secondo il metodo UNI EN ISO 14855,e altri simboli non conformi.
Come dice Fortunato Cerlino nel cortometraggio di cui è protagonista: “Per cambiare le cose basterebbe stare attenti, informarsi, scegliere prodotti virtuosi, denunciare l’illegalità, fare la propria parte“.