La Polizia di Stato – servizio centrale operativo e la Squadra mobile di Ragusa – ha eseguito 4 dei 5 provvedimenti di fermo di indiziato di delitto con la collaborazione dei colleghi di Torino per: la ventisettenne nigeriana Igbinosun Friday Susan Osariemen, detta “Joy”, Aghayerinmwinre Evans, suo connazionale di 36 anni e di Brescia; per Omoregie Uwa Patience, 50enne “madame” e Omorodion Faith, la “mama” del gruppo, altra nigeriana di 44 anni originaria di Benin City (uno dei destinatari del fermo è tuttora irreperibile).
L’organizzazione in questione era specializzato in distinti ruoli: chi in Nigeria procacciava le ragazze promettendo facili guadagni, lavori leciti ed un futuro certo, sottoponendo però le vittime ai riti voodoo (Da cui il nome dell’operazione Ju-Ju); chi in Libia fungeva da “connection man” per il trasferimento in Italia; e chi prelevava le ragazze vicino ai luoghi di sbarco e chi poi le obbligava a stare su strada per prostituirsi.
Tutto ha avuto inizio con uno sbarco (come tanti ormai) a Pozzallo, dove gli agenti hanno notato in particolar modo una ragazza nigeriana molto giovane che non sembrava avere alcuna attinenza al resto dei profughi. Mediante l’ausilio di un interprete, gli agenti hanno ascoltato il racconto raccapricciante della giovane, che ha confessato la triste vicenda di prostituzione gestita da una vera e propria organizzazione criminale internazionale.
La ragazza ha raccontato di essere stata contattata in Nigeria da alcuni connazionali che le avevano offerto un futuro migliore, fatto di studi e lavori come baby sitter o badante. Una speranza accesa, considerata la sua gravissima situazione finanziaria, così come quella della sua famiglia, per questo la giovane ha accettato di raggiungere l’Italia, convinta anche dal fatto che le avevano garantito che non avrebbe dovuto pagare nulla, salvo poi rimborsare la somma versata per lei di 400 euro.
Per proteggerle dagli “spiriti del male”, le giovane sono state sottoposte a rito voodoo, consistente nel taglio di una ciocca di capelli, di peli di pube e di unghie, secondo l’antico rituale africano Ju-Ju. Prima di partire, alle donne, minacciate anche di ritorsioni alle loro famiglie, veniva detto: “Queste parti del tuo corpo ci serviranno per pregare per te, ma tu ricordati che se non onorerai i tuoi debiti morirai” .
Una volta rassicurata, la giovane poco prima di andare via, ha consegnato ai poliziotti un numero di telefono di una delle donne dell’organizzazione criminale. Adesso le vittime, grazie alla collaborazione delle organizzazioni umanitarie, hanno trovato ospitalità in una casa accoglienza ragusana.