È un giorno pieno di emozioni contrastanti per il Lotto 0 di Ponticelli. Emozioni che sintetizzano l’anima di un luogo, apparentemente arido, ricco di sfumature tutte da scrutare, per quegli occhi che sanno guardare oltre le apparenze, per carpire la reale essenza delle cose, dei fatti, delle persone.
Alle 14, presso la chiesa di San Francesco e Santa Chiara del Lotto 0 di Ponticelli, a due passi dal luogo dell’agguato, si terranno i funerali di Ciro Colonna, il 19enne ucciso nel circolo ricreativo di via Cleopatra perché ha “impressionato” i killer giunti dal Rione Sanità per stanare il boss Raffaele Cepparulo, leader del clan dei Barbatos.
Ciro, nel parapiglia generale, si era chinato per raccogliere gli occhiali da vista che gli erano caduti, un gesto che ha suggestionato quella mano armata portandola a dedurre che il 19enne stesse cercando di impugnare una pistola.
Una morte feroce, ingiusta, che tinge di dolore e rabbia i cuori degli abitanti del Rione.
Ma, quello stesso Lotto 0, oggi, a dimostrazione della forza e della caparbietà che batte nei cuori più umili, troverà il modo e la forma più consona attraverso le quali esprimere la gioia legate ad un lieto evento.
Oggi si sposa Antonio Zimbaldi, un ragazzo nato e cresciuto nel Lotto 0 di Ponticelli.
Antonio nel rione ci lavora ed è lì che andrà a vivere con la donna che si accinge a sposare, ma non è per questo che tra quei palazzoni e nell’intero quartiere lo conoscono tutti.
Antonio aveva 17 anni, quel 15 gennaio del 2007: il giorno in cui la sua vita è cambiata per sempre.
Quel giorno Antonio, che lavorava come operaio in una fabbrica nella zona industriale della periferia orientale, rimase coinvolto in un gravissimo incidente sul lavoro. Un incendio, imprevedibile e violento, che in pochi attimi gli ha provocato ustioni gravissime sull’85 per cento del corpo.
In particolare, le mani e il volto ebbero la peggio nell’impatto con le fiamme. Antonio, però, si è aggrappato con tutte le sue forze alla vita e dopo interminabili giorni trascorsi in rianimazione, si è visto costretto a fare i conti con la sua nuova identità. Un cammino sofferto e difficile, segnato da dolori e momenti critici, assai critici.
Per tanti anni, per gli abitanti del quartiere, Antonio era “il ragazzo con la maschera”: per evitare di esporre la pelle al pericolo di infezioni, era costretto ad andare in giro con una maschera di silicone attaccata al volto e questo gli ha creato non pochi problemi e disagi.
I bambini si spaventavano quando lo incrociavano, gli adulti, in più circostanze, invece, hanno dimostrato che l’ignoranza può far male più delle pistole: cacciato da un ristorante perché “spaventava” i clienti o perché con quella maschera a coprirgli il volto poteva essere facilmente scambiato per un ladro in procinto di mettere a segno una rapina. E molto, molto altro ha dovuto subire Antonio, da parte della cattiveria umana, dopo essersi salvato la vita dalle fiamme dell’inferno. Accadeva sul lungomare Caracciolo, nei centri commerciali, lungo le vie della “Napoli bene”, per la gente del Lotto 0, invece, Antonio è rimasto “o figl’ ‘e Giggin’”, un ragazzo come tanti, segnato da una tragedia atroce e, per questo, probabilmente, hanno imparato a volergli anche più bene.
O forse no. Antonio è una lampante dimostrazione del fatto che è l’anima e rendere una persona bella e lui, a dispetto delle cicatrici, è bello come il sole.
Il bene, l’affetto, l’amore, non sono sinonimo di “pietà”: si conquistano, non si regalano. Ed è l’anima di Antonio, quella che trapela attraverso i suoi occhi perennemente gioiosi, a possedere il dono magico di riuscire a conquistare un posto nel cuore delle persone che incontra, non il suo volto.
Oggi, Antonio, lavora in un Caf, lì, nel Lotto 0, in via Bronzi di Riace, è un ragazzo allegro e giocherellone, sempre disponibile e comprensivo, pronto ad ascoltare le lamentele e i disagi degli abitanti del rione e a giocare con i tanti bambini che sono letteralmente pazzi di lui. Una via crucis quotidiana di pratiche da avviare e procedure da espletare, per non scontentare nessuno: questo il suo pane quotidiano. Antonio tende una mano a tutti e lo fa con un garbo e una cortesia instancabili.
Antonio è uno dei volti più belli del Lotto 0 di Ponticelli, perché non racconta la storia di un ragazzo “normale” o “diverso”, ma di un ragazzo speciale.
Nel calvario di Antonio c’è tutto: la mala-burocrazia, i tantissimi interventi chirurgici ai quali si è dovuto sottoporre nel corso degli anni, un percorso riabilitativo continuo, costante, intensivo, ma anche l’attaccamento alla vita, la voglia di vivere e, soprattutto, il coraggio di vivere, il dolore che attraverso la lotta diventa determinazione e l’amore che nel caso di Antonio, non ha bisogno di un “si” pronunciato davanti all’altare, perché ha già superato il banco di prova imposto dal rito “nella buona e nella cattiva sorte”. Antonio e Raffaella erano già fidanzati quando lui è rimasto vittima di quell’incidente che ha sfigurato il suo corpo. Appunto, solo il suo corpo. L’amore di Raffaella, senza dubbio, è stata una delle medicine più efficaci per la ripresa di Antonio. Lei non ha mai smesso di stargli accanto, non ha mai neanche pensato di rinunciare al sogno di quel futuro da condividere insieme. E quel sogno, oggi, è diventato realtà.
Quella di Antonio è il genere di storia sulla quale puoi riflettere per ore ed ore perdendoti ed addentrandoti in pensieri sempre più suggestivi. Proprio come quella di Ciro.
Antonio e Ciro: due ragazzi del Lotto 0, vittime di un destino crudele e beffardo che trova piena espressione in una frase che nelle ultime ore, rimbalza con frequenza di bocca in bocca: “la vita è questione di un attimo”.
Quel destino che, troppo spesso, sembra mixare di proposito le combinazioni più inverosimili, negando alla famiglia Zimbaldi la possibilità di presenziare ai funerali di Ciro e alla famiglia Colonna di partecipare con allegria e spensieratezza alla gioia di Antonio.
Proprio per questo, Ciro per primo, oggi, aleggerà sulla felicità degli sposi per partecipare alla loro gioia riversando su di loro una nutrita e celestiale razione di riso, per poi calarsi tra i suoi amici e stringersi intorno alla sua famiglia per provare ad adempiere all’ingiusto compito di alleviare le loro pene, mentre rivolgeranno l’ultimo saluto al suo corpo. Al suo cuore no, quello non morirà mai. Continuerà a battere, un pezzo qua e là, disseminato nei cuori di chi continuerà ad amarlo, per sempre.