San Ferdinando (Reggio Calabria) – E’ stata organizzata una manifestazione di protesta da un centinaio di migranti, dopo l’episodio del carabiniere colpevole di aver ucciso un giovane del Mali, Sekine Traore, che lo aveva aggredito e ferito con un coltello.
Il corteo è partito dalla tendopoli, che ospita circa 500 immigrati impegnati nei lavori dei campi e si trova al confine tra i comuni di San Ferdinando e Rosarno, e ha raggiunto la piazza antistante il Comune. Come è comprensibile, per i cittadini della Piana di Gioia Tauro torna la paura che si possa rinnovare il terrore di quella “storica” del 2010.
Molti fra i manifestanti indossano passamontagna, cappelli con la visiera abbassata e sciarpe a coprire i volti. Le automobili vengono bloccate da una specie di servizio d’ordine improvvisato dagli immigrati stessi. Un folto manipolo si è avviato verso il centro abitato di San Ferdinando.
“Ci ammazzano come animali. Italia razzista” questo lo slogan urlati dai migranti partecipanti alla manifestazione, controllati a vista dalle forze dell’ordine. Alcuni di loro danno una versione diversa di quanto accaduto nella tendopoli ieri mattina. “Sette carabinieri contro un migrante – dicono – che motivo c’era di ucciderlo? Sono mafiosi. Allah è grande”.
“Non siamo qui per fare la guerra o per fare casini, siamo qui per lavorare e per mangiare. I carabinieri devono venire per mettere pace e non per uccidere“, ha detto un migrante del Mali. “Quello che è accaduto ieri – ha aggiunto il migrante – non è giusto. E vogliamo che tutta l’Italia e tutta l’Europa lo sappiano“.
Secondo il racconto degli immigrati, la vittima aveva in mano un coltellino tale da non provocare danni particolari. Alcuni migranti poi, tra cui il fratello di Sekine Traore, il giovane ucciso, hanno poi incontrato in Municipio il vicequestore vicario di Reggio Calabria, Roberto Pellicone, e il dirigente della Digos Cosimo Candita.
Entrambi hanno sottolineato il ruolo delle forze dell’ordine, “che non sono – hanno detto – nemiche dei lavoratori extracomunitari ma si pongono anzi a loro difesa. Prova ne è l’azione portata avanti contro il caporalato e il lavoro nero nella zona della Piana di Gioia Tauro dimostrata dall’esito di diverse operazioni di polizia“.
Infine, i migranti oltre a sostenere che da parte del carabiniere che ha sparato “ci sia stato un eccesso di legittima difesa” hanno chiesto il rimpatrio della salma di Traore.