Silvio Mirarchi, 53 anni, marito e padre di due figlie, originario di Catanzaro, ma residente a Marsala con la famiglia da anni, era un Carabiniere, innamorato della divisa e che per servire la divisa ha perso la vita.
Amava così tanto l’Arma, quella divisa, quella fiamma, che aveva messo lo stemma come immagine del profilo Facebook, non si tirava indietro se c’era da investigare, da correre dei rischi. La vita dell’uomo in divisa non conosce orari, non conosce feste, non conosce gratitudine. Si fa tutto in silenzio, per garantire la sicurezza della comunità, senza attestati di stima, tutto per il dovere, tutto per amore di quella divisa.
Martedì sera il Maresciallo Silvio Mirarchi era appostato con un suo collega dalle parti di contrada Scacciaiazzo, nella periferia sud di Marsala. Erano in borghese, tenevano d’occhio una pista che avrebbe portato la Compagnia di Marsala a scoprire l’ennesima piantagione di marijuana. Erano le 23 circa quando qualcuno spara alle spalle dei due carabinieri in borghese. Mirarchi, maresciallo, vicecomandante della Stazione di Ciavolo, ha la peggio, viene colpito a un rene e un proiettile gli perfora l’aorta ed è morto ieri dopo ore di interventi per salvargli la vita. Da qualche giorno in quella zona della città, una terra di nessuno, succede qualcosa di strano. Durante lo scorso fine settimana un uomo è rimasto ferito in uno scontro a fuoco con altre persone nella zona di Samperi per furti di marijuana che avvenivano in una piantagione poi scoperta dai Carabinieri. Sempre in quelle zone è stato poi trovato il corpo senza vita di un cittadino romeno, un cadavere collegato alla sparatoria di qualche giorno prima. Su questi fatti gli inquirenti hanno mantenuto il massimo riserbo non lasciando trapelare alcun dettaglio che potesse compromettere l’incessante attività investigativa in atto. E quello che è accaduto martedì sera potrebbe essere collegato ai fatti di contrada Samperi, che non è molto distante dal luogo dell’agguato. L’omicidio del maresciallo ha scosso tutta la città, così come la grande famiglia dell’Arma dei Carabinieri, che nel silenzio continua a svolgere indagini complicate e pericolose. E’ un momento triste per l’Arma, è un momento triste per la città di Marsala, colpita al cuore, colpita nelle istituzioni che lavorano per garantire la sicurezza di tutti. A poche ore dalla morte del maresciallo, i carabinieri del Comando provinciale di Trapani hanno fermato, Francesco D’Arrigo, 54 anni, originario di Partinico, nel Palermitano. È il proprietario delle serre in cui era stata impiantata la piantagione di canapa indiana (6 mila piante, che avrebbero potuto fruttare oltre 4 milioni di euro) che sarebbe stata scoperta, durante un servizio di appostamento, proprio dal sottoufficiale e da un suo commilitone.
Durante la tradizionale parata del due giugno, ai Fori Imperiali di Roma, è stato ricordato il suo sacrificio ed è stato salutato con un lungo applauso.
Presenti alle esequie anche il ministro Angelino Alfano e il Comandante generale dei Carabinieri, generale Tullio Del Sette, oltre alle autorità civili e militari. A portare il feretro in spalla fino alla chiesa sono stati dei carabinieri in alta uniforme. La Chiesa Madre era gremita, centinaia di persone sono rimaste fuori dalla chiesa, sul sagrato, per l’ultimo saluto. A celebrare le esequie solenni monsignor Santo Marcianò, ordinario militare per l’Italia, e il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero.
“Fino all’ ultima notte in cui ha prestato servizio, Mirarchi è stato un carabiniere di grande valore che ha fatto onore all’uniforme che ha indossato. E’ stato vittima del dovere, vittima della criminalità organizzata. Oggi c’è una grande partecipazione corale della popolazione, a dimostrazione che la gente dell’Italia intera è vicina all’Arma, alle forze di polizia e alle istituzioni che svolgono un ruolo importante a difesa della collettività e della Repubblica”, ha detto a Marsala il comandante dell’Arma dei carabinieri, generale Tullio Del Sette prima di entrare in chiesa.