Una condanna pesante: dovrà trascorrere 26 anni in carcere Daniele De Santis, l’ex ultrà romanista artefice della morte di Ciro Esposito.
Una sentenza che ha destato clamore e soprattutto reazioni contrastanti.
26 anni: troppo poco, secondo alcuni. Decisamente troppi, secondo altri. Tra i sostenitori di quest’ultima tesi spiccano i genitori di Daniele D Santis che hanno mosso accuse assai pesanti alla “macchina mediatica” artefice, a loro avviso, della pesante condanna inflitta al figlio.
I genitori di De Santis hanno esternati pensieri e stati d’animo scrivendo una lunga lettera-aperta.
Non hanno dubbi: secondo il loro metro valutativo si tratta di «una condanna esclusivamente mediatica e simbolica già decisa molto prima dell’inizio del processo. Una sentenza a dispetto di qualsiasi prova e di qualsiasi logica, data di prepotenza in quanto obbligata mediaticamente». «Vi siete mai chiesti che influenza abbia avuto ascoltare perennemente una versione soltanto, urlata da tutti megafoni mediatici esistenti?»
Chiedono i genitori di “Gastone”, aggiungendo: «noi a prescindere da torti o ragioni, abbiamo sempre rispettato il dolore altrui, non intraprendendo né raccogliendo mai battaglie mediatiche; in silenzio riponevamo fiducia solo nelle indagini, ritenendo che replicare non fosse importante, che fosse importante solo aspettare e occuparci delle condizioni gravissime di Daniele che, dopo più di due anni, è ancora lì immobile su una barella con una intelaiatura d’acciaio alla gamba, cercando di salvare il resto dall’amputazione, in quanto appena tre mesi fà gli sono già stati amputati 15 cm di osso necrotico. Ma in fondo cosa ha di grave? ‘Un taglio al piede, vi dicono oggi».
I genitori di De Santis affermano che fu vittima di «un linciaggio» da parte dei supporters azzurri, facendo esplicito riferimento al «pregiudizio» che i media avrebbero concorso ad introdurre strumentalizzando la vicenda con estrema facilità.
È «vergognoso – si legge ancora nella lettera – il tentativo di occultare le ben otto coltellate da cui si è salvato. Incredibile vedere come il tentato omicidio di Daniele a coltellate e sprangate venga omesso con naturalezza e sfacciataggine».
In merito alla ricostruzione di quei concitati attimi, affermano che «inseguire fin dentro casa, aggredire e massacrare un uomo in fuga non può di certo essere spacciato per una difesa. Il Racis e i periti sono gli unici organi investigativi che hanno fornito le sole prove reali che indicano i modi e i tempi dell’aggressione a Daniele dimostrando nella loro perizia che tutto ciò che è successo, è accaduto dopo che Daniele è stato aggredito dall’orda, dopo aver tentato in tutti i modi una fuga disperata cercando la salvezza al di là del cancello di casa sua. È inconcepibile che l’accertamento di tali autorità non abbia fermato questa condanna».
Intanto, a Roma, nella zona di Tor di Quinto, proprio dove Ciro Esposito fu vittima dell’agguato rivelatosi poi letale dopo 52 giorni di agonia, prima della finale di Coppa Italia il 3 maggio del 2014, ignoti hanno apposto una lapide di cartone per ricordare il ragazzo. «Ormai è arrivato il momento della grande finale – si legge sulla lapide -. Ah, che gioia nel mio cuore, dopo una settimana faticosa, un momento tutto mio con la mia squadra del cuore, un saluto al mio amore, un abbraccio a mammà e vado a Roma; non è lontana, con il mio zainetto vado, parcheggio e avviandomi verso lo stadio, un boato davanti a me. Bambini che urlano, gente che scappa, io mi fiondo per aiutare ma d’improvviso mi accascio al suolo, sono confuso, non ricordo. Ora in ospedale, capisco che qualcosa mi è capitato, a me hanno sparato, io che sono un bravo ragazzo, lavoro, tutto per la famiglia, fidanzata, la mia passione per il Napoli. Vedo mammà che mi stringe la mano, 50 giorni di calvario, ma qui è già qualcuno è venuto per portarmi in uno stadio dove la violenza non c’è, tutto è azzurro come il mio Napoli. Ora vi saluto, qui riposo in pace. Ciro non va dimenticato perché per il Napoli si è sacrificato. Mo’ lasciatemi andare, mi aspettano allo stadio, dove razzismo, odio e delinquenza non possono entrare».
La famiglia Esposito ha ringraziato gli artefici di questo gesto pubblicando un messaggio sulla pagina ufficiale di facebook dell’associazione “Ciro Vive”: “Non sappiamo quando e chi l’abbia fatto ma ringraziamo di cuore chiunque abbia compiuto questo nobile gesto”.