”‘O Track”: l’ultimo personaggio di “spicco” emerso dalla puntata di “Gomorra La Serie 2” andata in ondata lo scorso martedì. Si era già intravisto nel corso della prima serie, uno dei fedelissimi di Genny Savastano, il figlio del boss chiamato a raccogliere la pesante eredità di suo padre, Don Pietro Savastano.
“O track”: un soldato della camorra, nato, ideato e concepito per servire il sistema e che rappresenta una delle testimonianze più attendibili e fedeli riconducibili alla realtà camorristica.
Un giovane cocainomane, incazzato con “i figli di papà”, quelli che nascono con tanti soldi in tasca e che, pertanto, “meritano”, in virtù di un subdolo principio di compensazione, di essere depredati dei loro averi per mano di quelli come lui, nati nel degrado delle terre di nessuno. Rubare ai occhi per dare ai poveri, secondo quel credo, diventa cosa buona e giusta.
L’uso spasmodico e continuativo della cocaina che enfatizza ed esalta quella di per sé efferata, cruenta e violenta visione della vita e del prossimo, rendendo il cuore anaffettivo e la ragione irragionevole; il desiderio di imporre la propria forza, per “sentirsi qualcuno”, per non rimanere a guardare mentre “i grandi” si ingozzano lasciando commiserevoli briciole ai gregari collocati ai margini del sistema; la violenza come unica risposta applicabile ed ipotizzabile al cospetto degli ostacoli che si parano tra i sogni di gloria e le brutali gesta da attuare per conferire a questi ultimi terrene spoglie.
Un personaggio fuori dagli schemi, ‘o track, forse troppo, ma proprio per questo reale.
‘O track altro non è che una sagoma che personifica un fenomeno esteso, diffuso, temuto.
C’è chi li chiama baby-boss e chi, invece, “i nuovi camorristi”.
A prescindere dall’etichetta, la sostanza è proprio quella che emerge attraverso pensieri, parole e azioni del giovane che ha osato compiere quella che nel gergo camorristico viene definita “l’alzata di testa”, ribellandosi al clan di appartenenza per traghettare i suoi amici verso una nuova gerarchia, “indipendente”, violenta, sovversiva, animata da una coscienza identitaria sfrontata, quasi incapace di provare dolore, ma che, anzi, dalle “mazzate” si rialza più infervorata ed incattivita.
Ferite da esibire come “medaglie al valore”, perché maturate “sul campo di guerra”. Lividi, punti di sutura e perfino le ferite da colpi d’arma da fuoco: segni da mostrare con orgoglio, perché espressione di una forza che non muore, si piega, ma non si spezza e sa puntualmente rialzarsi.
Questo accade indistintamente nella fiction così come nella reale evoluzione degli attuali intrecci camorristici.
C’è chi, infatti, nella triade proposta dalla Serie composta da “O track, Capa ‘e bomb e ‘o cardill’”, ovvero, “i ragazzi del vico” legge un forte analogia con la storia dei “girati” del clan Vanella-Grassi.
Invero, “i ragazzi del Vico”, mostrano un’espressione che potrebbe essere altrettanto facilmente individuabile sul volto dei fratelli Sibillo, leader della celeberrima “paranza dei bimbi” di Forcella ed ancor più su quello dell’ultimo giovane boss che ha tentato la stessa “alzata di testa” proprio tra le mura di quella periferia Nord di Napoli: Walter Mallo e i suoi giovani gregari.
“’O track”, la sua aridità emotiva, la sua spietata violenza, raccontano molto di più di una “semplice storia di camorra” e, soprattutto, disegnano uno scenario capace di estendersi ben oltre i confini del mero set cinematografico.