Napoli si lascia alle spalle 24 ore di accesi dibattiti, isterismi e critiche a base della più effimera forma di “perbenismo di facciata” per merito delle polemiche sorte in seguito all’ultima apparizione televisiva del sindaco de Magistris, nel corso del programma “Piazza pulita” in onda il lunedì in prima serata su La7.
A scatenare la suscettibilità del “sindaco di strada”, – come lo stesso ex magistrato ama definirsi – e dei suoi followers, reali e virtuali, è un servizio realizzato da Luca Bertazzoni sull’attuale situazione che si respira lungo l’asse periferia Nord- Caivano in termini di criminalità organizzata e spaccio di droga.
Nella fattispecie, Bertazzoni immortala lo scenario che fa da contorno al parco Verde di Caivano, balzato agli onori della cronaca per la terribile vicenda della piccola Fortuna Loffredo e che ha sgominato una rete di pedofili che seguitavano ad agire indisturbati, attribuendo perfino ai bambini l’accezione di senso del “premio” da contendersi giocando a carte.
Ma il parco Verde di Caivano è anche e soprattutto altro.
E l’aspetto che maggiormente suggestiona è che per consentire a quella realtà parimenti inaccettabile di emergere in tutto il suo inumano ed indecoroso degrado è stata necessaria la visita “fuori porta” di un giornalista romano, a fronte dell’assedio mediatico che nell’ultimo mese, in particolare, tiene banco in quel medesimo contesto, solo ed esclusivamente per raccontare ogni macabro e suggestivo dettaglio relativo all’”orco”, ovvero il violentatore e l’omicida della piccola Fortuna, oltre che uno stupratore seriale di minorenni, che divide pettegolezzi e servizi televisivi con gli altri protagonisti dell’insulsa vicenda.
“Bertazzoni non si doveva permettere di sbattere in faccia all’Italia quello che quotidianamente vive sotto gli occhi della popolazione locale e che, proprio perché incomprensibilmente radicato negli “usi e costumi” del luogo, dall’immaginario collettivo viene recepito come “normale”: questo il pensiero che primeggia nella mente del “napoletano medio”.
Il parco Verde è un baratro di omertosa devastazione che ogni giorno accoglie decine di tossici che vanno lì ad acquistare la droga e a bucarsi: questo è quanto documenta Luca Bertazzoni.
Siringhe disseminate a ridosso delle scuole, scene che denigrano la dignità umana, alle quali de Magistris replica asserendo che “quella non è Napoli”.
Un sindaco che acclama ed invoca la rivoluzione, autentico leitmotiv della campagna elettorale in corso, ma che, all’occorrenza, applica un assetto geografico, ideologico ed organizzativo del territorio partenopeo di stampo marcatamente feudale.
Lo stesso de Magistris rincara la dose sul tema delle periferie, assicurando che il suo impegno in chiave futura – forte delle proiezioni elettorali che danno quasi per certa la sua riconferma a sindaco di Napoli – sarà principalmente rivolto a svilire l’isolamento tra il cuore pulsante della città e le sue ben più uggiose ramificazioni.
Al contempo, però, dichiara guerra al governo centrale, scacciando, anche con toni piuttosto burberi, il premier Renzi, come accaduto nel corso dell’ultimo e chiacchieratissimo comizio elettorale.
Una Napoli che pensa di eludere le problematiche che si porta sul groppone da decenni isolandosi dal governo centrale, autoriducendosi a “periferia d’Italia”, ovvero, a quello stesso e pericoloso status che, all’interno delle sue viscere, dichiara di voler osteggiare.
Un controsenso, un paradosso, il “cavallo di ritorno” dello stereotipo che si cerca di eludere e che spaventa ancora di più, perché “taglia fuori” dal “Regno Napoletano” i comuni di provincia.
Come se relegare e circoscrivere i problemi all’”orto del vicino” pensando che questa sia la politica più lungimirante da adottare per preservare l’integrità del proprio raccolto, possa personificare la condotta più “rivoluzionaria” in termini di riscatto alla quale quei napoletani, stanchi di vedersi e sentirsi declassati, dovrebbero auspicare. Ancora.
In verità, risulterebbe intellettualmente più onesto accettare che nel parco Verde – seppure si trovi geograficamente collocato a Caivano – dimorano le chiavi risolutive di innumerevoli problematiche, tutt’altro che classificabili come “marginali e periferiche”.
Perché molti “napoletani di Napoli” vanno a bucarsi lì; perché l’isolamento peculiare delle “terre di nessuno” rappresenta il terreno fertile nel quale è fin troppo facile attecchire per criminalità, camorra e malaffare; perché dislocare in taluni luoghi le piazze di spaccio più prolifere, non è una scelta casuale da parte dei clan che concentrano il loro potere in quei luoghi proprio perché la presenza delle forze dell’ordine è più blanda e marginale ed è proprio lì che, invece, le istituzioni dovrebbero invocare un ben più massiccio intervento da parte dello Stato. Lì dove regna, da sempre, “l’altro Stato”.
E, soprattutto, fin quando a ridosso della “cartolina di Napoli” aleggeranno contesti che raccontano di tossici pronti a tutto pur di accaparrarsi il denaro necessario per portare a casa la dose quotidiana di “fattezza”, “i napoletani di Napoli” potranno mai “campare quieti”?
Basta dare un’occhiata alle denunce di scippi, rapine, furti di cellulari e gesta similari subite dai ragazzi della Napoli bene e non solo, da parte di tossicodipendenti, per rendersi conto che il problema è tutt’altro che riconducibile ad una realtà, geograficamente ed ideologicamente, “lontana”.
E, soprattutto, “Tendere la mano a chi sta peggio di noi” è l’esempio che la classe politica dovrebbe inculcare nella cittadinanza e fa specie che “il sindaco di strada”, passeggiando tra la sua gente, questo non l’abbia ancora capito.