Pino Taglialatela, autentica bandiera del Napoli, nonché uno dei calciatori più amati della storia partenopea, estremo difensore dei pali azzurri per cinque stagioni a partire dal 1993, che per le spettacolari parate di cui sapeva rendersi autore conquistò il soprannome di “Batman”, oggi, ritorna al centro della scena mediatica seppure per episodi tutt’altro che affini al contesto sportivo.
Associazione di stampo mafioso con il ruolo di partecipe: è l’accusa infatti che il pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli Maria Cristina Ribera ha contestato ieri all’ex portiere del Napoli nell’udienza di un processo nel quale Taglialatela era già accusato di intestazione fittizia di alcuni autoveicoli, in particolare un motociclo T Max.
La modifica e aggravamento dell’accusa deriva da informative del Gico della Guardia di Finanza secondo le quali Taglialatela sarebbe stato una “testa di legno” di un presunto affiliato di clan Mallardo di Giugliano, Mauro Moraca, che aveva in uso alcuni veicoli intestati all’ex calciatore.
Secondo l’avvocato Giuseppe Pellegrino, difensore di Moraca, – come riporta l’agenzia Ansa – i veicoli erano intestati a Taglialatela solo per beneficiare del fatto che lui è residente sull’isola di Ischia. Il processo, in corso davanti alla quarta sezione penale del Tribunale di Napoli, proseguirà il prossimo primo luglio.
Una clamorosa svolta, quindi, nel processo dove sono imputati esponenti di spicco del clan Mallardo per associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia dei beni, con l’aggravante di avere favorito l’azione della cosca di Giugliano.
Il pm ha appesantito l’accusa nei confronti di Taglialatela contestandogli anche la partecipazione all’associazione camorristica ai Mallardo, con i quali il portiere è imparentato.
Chiamato a testimoniare nell’ambito del processo, l’ex Ds del Napoli Gigi Pavarese, ha smentito categoricamente che gli scatti di carriera di Taglialatela siano stati favoriti dal clan Mallardo come sostenuto dall’accusa.
I difensori dell’ex giocatore hanno chiesto i termini di difesa per contestare le nuove accuse.
Nel processo sono imputati, tra gli altri, Mauro Moraca e Carlo Antonio D’Alterio, rispettivamente genero e nipote di Feliciano, e Giuliano Amicone, braccio destro del boss. Stralciate, invece, le posizioni di Feliciano Mallardo e Silvio Diana, essendo le due persone decedute.
Il nome di Pino Taglialatela finisce nel mirino degli inquirenti nel novembre del 2012 quando il Gico, su disposizione della DDA, eseguì l’operazione Crash che portò all’arresto di cinque persone ed al sequestro di beni mobili ed immobili per cinque milioni di euro.
Grazie alle intercettazioni ambientali ed ai racconti dei collaboratori di giustizia si riuscì a ricostruire il sistema delle estorsioni messe in atto dai Mallardo, in particolare in due diverse vicende ai danni di due imprenditori edili giuglianesi. Svariate le operazioni economiche e imprenditoriali realizzate da Mauro Moraca, tra l’altro, per conto dei Mallardo.
Nel corso dell’inchiesta furono eseguite anche perquisizioni negli uffici della Asl Napoli 2 Nord accertando l’infiltrazione dei Mallardo in diversi settori. Come ad esempio la partecipazione di imprese ‘amiche’ a gare pubbliche, fra cui un appalto all’ospedale Cardarelli di Napoli, l’affidamento del servizio di derattizzazione, la vendita di terreni di proprietà dell’Asl Napoli 2 nord, l’inserimento di imprese ‘amiche’ nell’elenco delle ditte accreditate dell’Asl Napoli 2 Nord, permettendo di procurare ai Mallardo ingenti profitti, da utilizzare per effettuare investimenti o per il reimpiego di soldi del clan.
Vittima del racket anche un altro imprenditore che ha effettuato lavori di ristrutturazione all’interno dell’ospedale San Giuliano di Giugliano. La vittima fu costretta a sborsare la somma di 60mila euro, di cui 55mila per la costruzione di 12 unità immobiliari e 5 mila euro, appunto, per alcune ristrutturazioni edilizie eseguite presso l’ospedale di Giugliano, tra cui il reparto di Radiologia.
Proprio in seguito al sequestro dello scooter T max rinvenuto in casa di Mauro Moraca genero del boss Maliardo, sbuca il nome dell’ex portiere del Napoli, in quanto lo scooter di grossa cilindrata risultò intestato proprio a Taglialatela.
Lo scooter, immatricolato 4 mesi prima, non entrava nell’elenco dei beni da confiscare e fu sequestrato su iniziativa dalla sezione del GICO. Oltre alla moto dei beni non presenti in elenco, è stata sequestrata anche una barca di sei metri con un motore da novanta cavalli nascosta in una rimessa di una villetta sita a Mondragone.
Il valore dei beni ammontava a circa 5 milioni di euro.
Mauro Moraca, 34anni genero del boss Feliciano Mallardo per aver sposato la figlia Maria Damiana, è sotto processo per associazione camorristica ed estorsione. Accusato da alcuni pentiti di reggere le fila degli affari della cosca, dagli investimenti di capitali, all’organizzazione del racket sui cantieri fino al suo coinvolgimento anche nell’imposizione, ai bar del giuglianese, del caffè Seddio. A supportare questa tesi è Benito Palma, il pentito ritenuto essere il braccio destro dei boss della famiglia Mallardo, nonché ex affiliato dei giuglianesi.
Moraca, latitante dal 2012, fu arrestato in ospedale perché colpito da un attacco d’asma allergico e le manette scattarono appena finì la seduta per fermare l’infiammazione. Incastrato, inoltre, anche da alcune intercettazioni ambientali, captate nell’agenzia Broker, gestita dalla moglie, nella quale i vertici del clan si riunivano per organizzare i loro affari.
Una vicenda piena di ombre, sulla quale la magistratura sarà chiamata a far luce il prossimo 1 luglio, giorno in cui avrà luogo una nuova udienza.