L’orrore, il dramma, il tormento che ha incupito quelli che, oggi, sappiamo essere stati gli ultimi giorni della breve vita della piccola Fortuna Loffredo è raccontato in tutta la sua innocente e cruda atrocità nei disegni della bambina violentata e uccisa nel parco Verde di Caivano.
Grazie alla perizia della grafologa Sara Cordella, incaricata della lettura dei disegni per le indagini difensive sulla tragedia emerge che Chicca, nei suoi disegni, parla, comunica. Quando usa i pennarelli nel palazzo dove vive, a casa con le amichette, sceglie colori vivaci e con un tratto marcato. Disegna e cancella con insistenza figure femminili, come fossero una minaccia. Ma anche finestre con le sbarre, case senza porte, inaccessibili. E poi case con due porte, che indicano la paura della separazione, il ricatto, la necessità di farle mantenere il segreto.
Secondo la grafologa i disegni di Chicca son carichi di rabbia, eccitazione, aggressività.
Sentimenti che trovano attendibilità nei segni di violenze sessuali reiterate – emerse dall’esame autoptico – che la piccola, secondo i magistrati della Procura di Napoli Nord, subiva da Raimondo Caputo, il vicino di casa accusato di averla violentata e uccisa lanciandola dall’ottavo piano del palazzo dove abitava.
Dopo la sua morte, che all’inizio sembrava fosse accidentale, l’avvocato Angelo Pisani, legale dei nonni e del padre della bambina, e il pm Federico Bisceglia, che si stava occupando del caso, deceduto in un incidente stradale qualche mese dopo, avviano una serie di perizie sui quaderni e i disegni di Fortuna, che nel Parco verde chiamavano Chicca, consapevoli che è proprio quella la più genuina e spontanea forma di comunicazione dei sentimenti dei bambini.