Era prevedibile che accadesse ed è accaduto: l’orco del parco verde di Caivano non poteva sottrarsi alle “leggi del carcere”, quelle che puniscono duramente coloro che si rendono artefici di reati orribili.
“I bambini non si toccano”: questa la regola insindacabile alla base di quel codice d’onore che sa punire violentemente “i mostri” che violano l’innocenza dei bambini.
Raimondo Caputo, il 43enne, disoccupato e pluripregiudicato, arrestato per l’omicidio della piccola Fortuna Loffredo, ha subito un autentico e feroce linciaggio. Aggredito e picchiato nella cella al terzo piano del padiglione “Roma” del carcere di Poggioreale dagli stessi detenuti che con lui dividevano la stanza.
A riportare l’accaduto è “Il Mattino online” spiegando che il linciaggio sarebbe maturato lo stesso giorno in cui il presunto assassino della bimba di sei anni è stato tradotto in carcere. Ad evitare che il dramma si trasformasse in tragedia sono stati due agenti della Polizia Penitenziaria, che hanno sottratto alla furia degli aggressori il 43enne. Paradosso nel paradosso, tra i compagni di cella artefici dell’aggressione di Caputo c’è anche il giovane che un anno fa venne arrestato per aver seviziato un ragazzino con un compressore in un autolavaggio di Pianura. A salvare Caputo sono stati gli agenti della Penitenziaria, allarmati dalle urla che provenivano dalla cella al terzo piano del padiglione Roma, che ospita i cosiddetti “sex offenders”, autori di reati gravi legati alla sfera sessuale. La direzione del carcere è immediatamente intervenuta attivando un’indagine interna per identificare gli aggressori. Nel frattempo Raimondo Caputo è stato trasferito in altra cella, in isolamento.
Intanto, un altro agghiacciante retroscena emerge dai dettagli dell’inchiesta: gli orchi del “palazzo degli orrori” del parco Verde di Caivano si giocavano i bambini a carte.
I pedofili si riunivano per giocare a carte tra i tavolini di uno dei tanti chioschi improvvisati rilevabili in contesti degradati come quello del parco Verde e si contendevano i bambini giocando a scopa.
Il retroscena che concorre a rendere ancor più inverosimile una delle vicende di cronaca nera più atroci della storia dell’umanità, è riportata da “Il Giornale” confermata da uno degli uomini che ha consentito all’incubo che viveva tra le mura di quel palazzo del Parco Verde di Caivano di emergere in tutto il suo violento squallore.
Una rete di pedofili fitta e ben organizzata, così come elevato era il numero di vittime delle quali abusare. Il tutto s’incastonava in una solida e spessa cornice d’omertà, figlia illegittima dell’ignoranza o della volontaria e complice distrazione di chi sapeva e fingeva di non sapere.