La famosa pizza fritta di Zia Esterina, autentico e rinomato must della tradizione culinaria partenopea, non è stata di certo accolta con “gli onori di casa e del caso” confacenti ad una “regina dello street food” dalla stampa milanese.
Non sarà di certo passata inosservata, agli occhi e ai palati più attenti, la polemica che ha introdotto l’apertura a due passi dalla Galleria, in via Agnello, nei pressi di piazza San Fedele a Milano, dell’”Antica Pizza Fritta da Zia Esterina” che porta la firma del rinomato pizzaiolo napoletano Gino Sorbillo, già proprietario del locale “Lievito Madre” nella zona del Duomo.
Ad attaccare Sorbillo e la pizza fritta non è un blog di basso rango capeggiato da leghisti e bimbominchia, bensì “il Sole 24 ore” che prova a stroncare sul nascere i sogni di gloria del pizzaiolo, etichettando la suddetta idea imprenditoriale come un clamoroso flop.
“Sgomberiamo immediatamente il campo da dubbi e reticenze: la pizza fritta di Gino Sorbillo è buona. Di più, a 3 euro e 50 centesimi qualsiasi combinazione vogliate scegliere – al momento sono cinque: la completa con prosciutto cotto oppure salame (in sovramercato portate a casa la formidabile dicitura retrò “salame nazionale”), quella con i cicoli campani (altrimenti noti come “ciccioli”), quella con solo pomodoro San Marzano, ricotta (o provola) e pepe, e la “Segreta”, che in quanto tale rimane così com’è anche su questa pagina – dicevamo, a 3 euro e 50 al pezzo la lancetta del rapporto valore per esborso si impenna decisamente in favore del primo. – Si legge nell’articolo – Il locale al contrario non è che sia poi questo granché: un minuscolo cubicolo con cucina a vista senza possibilità d’appoggio per l’astante, ma è ben animato da una sorridente quadriglia di gentili pizzaioli che farciscono, chiudono e infine friggono e servono (c’è anche un bizzarro schermo che riprende live le manovre di riempitura del disco di pasta, noncurante che le suddette manovre si possono tranquillamente osservare anche a occhio desnudo).
Detto questo, e nient’affatto augurandoglielo, tutt’altro, la pizza fritta di Sorbillo così com’è a Milano sarà un flop. Perché? Tre motivi.
- Perché “Pizza fritta” già dal nome mmmm, non è esattamente la quintessenza della milanesità. Qui è un problema sia “pizza” sia “fritto”: non è che mettendoli assieme – o uno contro l’altro – i termini si elidano generando nuovi significati, ad esempio “aria” “fresca” o “leggerezza” “mattutina”. “Pizza fritta” rimane “pizza fritta”: hardcore
- Perché a Milano non siamo abituati a circolare con un arnese in mano lungo una banana e mezza e largo come un vecchio vhs, una sorta di baionetta grondante olio, provolone e pomodoro incandescenti, che se lo addenti schizza molecolarmente a raggera rischiando di trascinare te e i posteri in sanguinose cause di risarcimento danni solidi e morali ai famigliari dell’avvocato d’affari appena sbucato da piazzetta Liberty che hai centrato perfettamente nell’occhio chiudendoglielo per sempre.
- Perché poco allevia quel vassoio da 24 paste su cui te la poggiano avvolta da 15 centimetri di carta alimentare impregnata fino all’ipotetico settimo velo, sempre una baionetta fritta rimane, e anzi peggio, barcamenarsi sotto il monumento al Manzoni in quello stato, con un quadernone Pigna di grasso colante spalancato sotto il mento alla moda di certe signore prendisole nella Costa Azzurra dei ’70 mentre lapilli infuocati di provola anticipano, seguono e intervallano il tuo incedere sempre più incerto. Anche questa, mi dispiace, non è un’esperienza esaltante.”
Un articolo che arranca motivazioni piuttosto labili, tant’è vero che gli stessi milanesi hanno risposto sul campo, contribuendo in prima persona a fugare ogni dubbio.Inoltre, i 3 euro e 50 centesimi necessari per aggiudicarsi la pizza fritta sono tra i prezzi più bassi della ristorazione milanese e in regime di crisi, anche i milanesi sanno dimostrarsi acuti imprenditori di sé stessi, facendo loro l’anglosassone concept del “cà nisciuno è fesso!”
È lo stesso Gino Sorbillo a postare su facebook una foto che ritrae le lunghe file dei clienti in attesa di entrare nella pizzeria “da zia Esterina” per gustare la pizza fritta napoletana. Altro che flop, i milanesi sembrano aver accolto di buon grado l’innovazione introdotta da Sorbillo, stanchi, piuttosto delle “solite” cotolette, polenta e risottini.
Insomma, la “pizza fritta di Zia Esterina” non appena approdata tra le mura della Lombardia è riuscita già a scalzare i puntuali e beceri luoghi comuni e ha saputo “zittire sul campo” quei commenti e quei pregiudizi dalla venatura palesemente discriminatoria, forse anche più tristi degli stolti cori da stadio.