Giallo in via Caravaggio. Un corpo riverso in una pozza di sangue è stato rinvenuto in un appartamento sitato proprio lungo la strada del quartiere Vomero che giace al confine con Fuorigrotta.
È stato proprio lui ad aprire la porta al suo assassino, a farlo accomodare in casa: una persona che quindi conosceva e nel quale non avrebbe mai riconosciuto il suo assassino.
È morto così Francesco Bosco, ex tassista di 47 anni, fedina penale immacolata, massacrato, colpito più volte, barbaramente assassinato, al quinto piano della prima palazzina di Parco Persichetti, l’appartamento nel quale viveva al civico 143 di via Michelangelo da Caravaggio.
È stato trovato a terra fra il corridoio e la cucina, riverso in una pozza di sangue, fuoriuscito, copioso, da una profonda ferita alla testa, provocata da uno o più colpi inferti con un corpo contundente. La polizia, che indaga sull’accaduto, è stata avvisata dal cugino di Bosco che non riusciva a mettersi in contatto con l’uomo da giorni. È stato proprio lui ad impensierirsi, dopo una giornata di inutili chiamate al cellulare di Bosco che risultava spento: un fatto anomalo che gli ha fatto prendere la decisione di raggiungere parco Persichetti. Dopo aver suonato più volte il campanello ha utilizzato il doppione delle chiavi per entrare nell’abitazione di Bosco: una volta aperta la porta d’ingresso ed entrato nell’appartamento, si è trovato di fronte alla scioccante scena.
Luci accese in tutto l’appartamento e porta d’ingresso che non presenta segni di effrazione.
È scattata la caccia all’assassinio e al movente che ha innescato quell’efferato omicidio.
I dettagli raccolti dalla polizia scientifica che ha lavorato sulla scena del crimine fino a tarda sera, concorreranno senz’altro a delineare uno scenario ben più nitido intorno ad un omicidio che ha scosso e non poco i residenti di via Caravaggio.