“Giustizia per Davide” è il leitmotiv che anima le proteste e le manifestazioni, tra le mura del Rione Traiano ed anche oltre, che si susseguono dalla sera in cui il 16enne perse la vita dopo essere stato raggiunto da un colpo d’arma da fuoco esploso dalla pistola di ordinanza di un carabiniere e che lo ha raggiunto all’altezza del torace, al culmine di un inseguimento innescato dal mancato arresto della corsa al cospetto dell’alt imposto dagli uomini in divisa al ciclomotore a bordo del quale il giovane transitava in compagnia di altri due coetanei.
Un inseguimento generato dalla “paura” di incappare nel sequestro del mezzo sprovvisto dell’assicurazione, racconteranno i superstiti, animato dal desiderio di sottrarre all’arresto il giovane latitante che di celava tra loro, affermeranno, invece, gli uomini in divisa.
Una vicenda concitata e piena di falle, fin dai primissimi attimi, questa è apparsa uno dei pochi aspetti certi. Così come l’unica cosa certa è che un ragazzo ha perso la vita. Una morte insensata ed evitabile, ammesso che vi siano morti generate da spari che possano essere catalogabili come “sensate ed inevitabili” secondo le leggi di uno Stato che oggi è stato chiamato ad emettere uno dei verdetti più paradossali e controversi della sua storia.
Una condanna emessa nei confronti di un “servo dello Stato”, un cultore della legge che ha giurato fedeltà ai valori insiti in quella divisa e che si era impegnato a svolgere il suo lavoro per tutelare la cittadinanza. Anche loro sono esseri umani ed anche loro possono sbagliare, ma, quell’errore, Davide lo ha pagato davvero a caro prezzo.
E’ stato condannato a 4 anni e quattro mesi, un anno in più rispetto alla richiesta del pm, il carabiniere accusato della morte di Davide Bifolco per il reato di omicidio colposo. Una sentenza che segna la fine del processo sulla morte del 16enne del rione Traiano ucciso a settembre di due anni fa da un proiettile partito dalla pistola del militare che lo stava inseguendo.
Il padre e un fratello di Davide Bifolco hanno assistito in aula alla lettura della sentenza, mentre, com’è sempre accaduto nel corso delle udienze che hanno scandito le varie fasi del processo, anche oggi un nutrito corteo si è radunato all’esterno del tribunale per urlare, ancora una volta: “Giustizia per Davide”. Un corteo di 150 manifestanti, partito dal Rione Traiano e arrivato al centro direzionale, in piazza Cenni, davanti al tribunale. In testa al corteo la madre del ragazzo ucciso, Flora, e i suoi amici.
L’avvocato Fabio Anselmo, legale dei Bifolco, ha commentato: «Posso dichiararmi soddisfatto, è stata riconosciuta una condanna severa per un omicidio colposo. C’è da parte della famiglia insoddisfazione per la qualità delle indagini. Questo caso meritava una istruttoria più approfondita». Il penalista che assiste i familiari di Bifolco aveva sostenuto la tesi dell’omicidio volontario. Tra novanta giorni saranno rese note le motivazioni. L’udienza si è svolta a porte chiuse, con ingresso consentito ai solo genitori del ragazzo ucciso. Sotto processo c’era il carabiniere accusato di aver fatto partire il colpo accidentalmente. Un’accusa che i familiari di Bifolco hanno sempre contestato sostenendo l’omicidio volontario.
Lo stato d’animo con il quale la famiglia Bifolco ha accolto la sentenza è ben espresso dalle parole forti di mamma Flora: «Hai bloccato il cuore di mio figlio, io il tuo me lo mangio, ti uccido». È improntata all’ira la reazione della donna. La pena viene ritenuta troppo lieve dalla donna e dai manifestanti: «Vergogna – aggiunge la donna – l’altro mio figlio per un furto ha avuto cinque anni, ed è ancora in carcere. A questo che ha ucciso l’altro mio figlio solo quattro anni, vergogna, assassino. Se lui non va in galera anche mio figlio deve uscire».