Mentre l’attenzione pubblica, mediatica ed istituzionale era interamente riversata sul raid che ha bersagliato la stazione dei carabinieri di Secondigliano, un nuovo agguato è stato messo a segno al calar del sole, ancora lì, lungo le strade della periferia Nord di Napoli.
Stavolta, i colpi di pistola non hanno perforato mura ed oggetti, ma un corpo umano.
Due colpi di pistola, uno alla testa, l’altro alla schiena. Un’esecuzione, una spedizione punitiva che non lascia margini alla possibilità di salvezza. I sicari, ancora una vota, sono entrati in azione per uccidere.
È successo a Piscinola, intorno alle 21.15 di ieri sera, la vittima è Daniele Stara, trenta anni, residente nel rione Salicelle di Afragola. Il ragazzo, con precedenti per droga, era in sella al suo Transalp, a pochi passi dalla casa della fidanzata. La stava aspettando, avevano un appuntamento. Probabilmente non sapeva di essere finito nel mirino di qualche nemico e così non aveva preso nessun tipo di precauzione. Si era recato in via Vittorio Emanuele III tranquillo, aspettava in strada la sua ragazza. Incurante del pericolo che incombeva sulla sua vita, ignaro del fatto che qualcuno aveva studiato i suoi movimenti ed era pronto a giustiziarlo proprio in quel momento, nel momento in cui si sarebbe mostrato più vulnerabile.
L’agguato è stato veloce e messo a segno con cinica maestria, mirando a parti vitali, servendosi di soli due colpi.
Il corpo insanguinato e senza vita accanto alla motocicletta riversa al suolo. Silenzio ed omertà intorno all’ennesima scena di morte che porta l’ingombrante firma della camorra.
Dopo aver centrato l’obiettivo, i killer si sono dati alla fuga trovando complice copertura tra i bui vicoli del quartiere.
Sul posto sono intervenuti gli agenti dell’Ufficio Prevenzione Generale della Questura, coordinati dal dirigente Michele Spina, ma il giovane era già morto. L’area è stata transennata per permettere ai tecnici della Scientifica, guidati dal dirigente Fabiola Mancone, di effettuare i rilievi e repertare i bossoli mentre le indagini sono affidate ai poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Napoli, guidati dal dirigente Fausto Lamparelli.
Transenne, lenzuolo bianco, qualche sguardo curioso che staziona a ridosso delle strisce bianche e rosse, le prime indiscrezioni – ufficiali ed ufficiose – che trapelano e s’intrecciano al bisbiglio di voci che si f sempre più fitto intorno alla scena del crimine. Nella zona non ci sono telecamere di videosorveglianza ma quelle installate negli esercizi commerciali del quartiere potrebbero aver ripreso, se non il momento esatto dell’omicidio, le fasi successive della fuga, permettendo agli agenti di ricostruire parte della dinamica e ricavare, da quelle immagini, elementi utili per risalire all’identità di chi ha premuto il grilletto. O, studiandone le vie di fuga, almeno la provenienza. Per fare chiarezza sull’agguato, che nella fase iniziale delle indagini appare di chiara matrice camorristica, pertanto, il primo passo è inquadrare la figura della vittima.
Un regolamento di conti, uno sgarro, una vittima della faida in corso per il controllo delle piazze di spaccio e non solo, una vendetta personale. Troppo presto per orientare le indagini in una direzione certa e ben definita.
L’unico aspetto che sa farsi pericolosamente spazio tra le ricostruzioni dell’attuale scenario camorristico napoletano è che sulla cartina geografica di Napoli e provincia sono identificabili diversi focolai di guerra capaci di alternarsi nell’incremento dell’intensità della portata di agguati e “stese”: la prima fetta del 2016 ha, infatti, registrato “l’egemonia” della periferia est, in tal senso, mentre, adesso, l’epicentro più virulento appare chiaramente individuabile nella periferia Nord. Nel mezzo giacciono il centro storico e la triade Rione Traiano, Soccavo, Bagnoli.
Un mix di variabili imprevedibili che, se accostate e congiunte, delineano uno scenario ben più allarmante, ma in grado di consegnare il quadro più esaustivo ed onesto dell’attuale “guerra di camorra”.