Dopo la tanto discussa intervista di Bruno Vespa a Salvatore Riina, figlio del boss di Cosa Nostra, andata in onda su Raiuno, sono state dure le prese di posizione sia da parte della politica che della società civile.
Le reazioni non hanno tardato ad arrivare, iniziando ad esempio dalla silenziosa protesta della libreria “Vicolo Stretto” di Catania, che tra le prime ha affisso in vetrina l’ormai celebre cartello “in questa libreria non si ordina né si vende il libro di Salvatore Riina”, immediatamente postato sui social. La protesta ha comunque cavalcato l’onda mediatica allargandosi a macchia d’olio.
Da Catania a Bologna, dove è possibile leggere presso la libreria «Ubik» di via Irnerio, unica in città«In questa libreria non vendiamo il libro, ma c’è uno scaffale fornito di libri sulla lotta alla mafia», da Messina a Napoli, dove le parole esprimono sempre il medesimo concetto :«In questa libreria non troverete il libro di Salvatore Riina», parole affisse alla vetrina della libreria Pisanti, una delle più importanti e frequentate della città Partenopea.
Ma oltre alla “ribellione” dei singoli librai, un ulteriore e simbolico “no” alla vendita del libro di Salvatore Riina, è nel comune di Benevento, questa volta mediante un’ordinanza firmata personalmente dal sindaco del comune campano: “Ha un valore morale, è un atto di rispetto verso chi ha perso la vita, in questi anni, per combattere le mafie”. Spiega il primo cittadino Fausto Pepe, proseguendo: “So bene che l’atto da me emanato è assolutamente illegittimo sul piano amministrativo, privo di qualsiasi fondamento giuridico, e difatti non prevede alcun tipo di sanzione. In realtà la mia è una chiara provocazione in risposta all’eco mediatica che ha suscitato il libro di Salvatore Riina”.
“L’obiettivo dell’ordinanza è preciso: si vieta la vendita di un libro che offende tutti coloro i quali si battono quotidianamente per valori quali la giustizia e la legalità. Non vogliamo creare liste di libri proibite, tipiche da Santa Inquisizione. L’atteggiamento oscurantista non fa parte dello spirito che anima la nostra amministrazione comunale“.
Conclude infine: “Sia chiaro: non condanno il figlio di Riina sulla base del semplice rapporto di parentela. I figli non devono pagare le colpe dei padri. Condanno l’eco mediatica che è stata data a questo libro. Un’importanza che, senza dubbio, ci impone una riflessione, innanzitutto tra i rappresentati istituzionali, sull’approccio a temi delicati come quello della mafia”