Una delle tradizioni tacite più popolari e diffuse all’ombra del Vesuvio, componente irrinunciabile ed imprescindibile di quella verace napoletanità che non sbiadisce né invecchia, ma che, anzi, di estate in estate, si ripropone puntualmente pronta ad affrontare anzitempo la prova costume, non per appagare il desiderio di tintarella, ma piuttosto quello di sentire il sole e la salsedine sulla pelle.
Ragion per cui, al palesarsi dei primi più o meno timidi sprazzi d’estate, il fazzoletto di spiaggia che costeggia la Rotonda Diaz, – più comunemente noto con l’appellativo di “Mappatella Beach” – accoglie quei bagnanti pronti ad indossare il costume ed immergersi nelle acque che lambiscono le grazie di Partenope.
Al contempo, dozzine di persone si riversano sugli scogli per lasciarsi baciare dal sole ed anche per concedersi qualche tuffo: agli occhi di molti turisti queste scene destano fascino e stupore, attirando i click delle macchine fotografiche, perché accade a ridosso del trambusto metropolitano e senza attendere l’arrivo “ufficiale” dell’estate.
Quell’impellente “desiderio di sole”, incapace di lasciarsi guidare dalle “regole” o di rispettare riferimenti cronologici ben definiti, rappresenta uno dei comportamenti geneticamente indotti che costituiscono l’indole napoletana.
È così che si presenta il lungomare Caracciolo, queste sono le scene esibite da Napoli: ammirate e contestate, in grado di destare indignazione e fascino. E proprio per questo sintetizzano appieno l’essenza e l’identità di questo popolo e della sua terra.