E’ finita nella bufera la puntata di ‘Porta a Porta’ che ha visto protagonista il figlio del Capo dei Capi, il figlio di Totò Riina, Giuseppe Salvatore. Inutili le richieste di stop alla trasmissione.
Un’intervista che ha fatto discutere ancor prima della messa in onda. A sollevare le polemiche per la presenza di Salvo Riina era stata proprio Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia. «Mi auguro che in Rai ci sia un ripensamento. Ma se questa sera andrà in onda l’intervista al figlio di Totò Riina, avremo la conferma che Porta a Porta si presta ad essere il salotto del negazionismo della mafia e chiederò all’Ufficio di Presidenza di convocare in Commissione la presidente e il direttore generale della Rai», aveva detto la Bindi. E dopo ore di polemiche incalzanti arriva la conferma: la puntata andrà in onda.
Di certo, non è stata una puntata ‘educativa’, né tantomeno apostrofabile come esempio di ‘lotta alla mafia’. In buona sostanza, le parole del figlio di Totò, hanno trasmesso più che altro valori negativi: “Era un divertimento il non andare a scuola”; “Siamo nati differenti. Nella sua complessità è stato un gioco”; “Non tocca a me giudicare mio padre che mi ha trasmesso il bene”; “Come dice il comandamento “rispetta tuo padre e tua madre”.
Nemmeno di fronte alla banale domanda: “Che cos’è la mafia?” si è ottenuta una risposta utile a qualcuno: “Non lo so. Non me lo sono mai chiesto”, queste le conclusioni di Giuseppe Salvatore. Paradossale, ma lui che la condanna per associazione mafiosa a 8 anni e 10 mesi l’ha interamente scontata, con un papà e un fratello condannati all’ergastolo (e al «41 bis») alla domanda « Che cos’è la mafia? » ha risposto così: « Oggi la mafia può essere tutto e nulla. Omicidi e traffico di droga non sono soltanto della mafia».
Nato mentre il padre era ricercato, ha vissuto anche lui cambiando continuamente abitazione, ma quando parla della sua famiglia si limita a descriverla solamente come «diversa».
Pare che l’unico a difendere Bruno Vespa sia il capogruppo Ap Maurizio Lupi. “Vespa – ha affermato- non ha certo bisogno di difensori, ma ai suoi accusatori di oggi io chiedo: il servizio pubblico ha a che fare con la libertà di stampa, con il dovere di informare, anche attraverso interviste con persone controverse, i telespettatori o è un mero esecutore dei desiderata della commissione di Vigilanza e dei presidenti dell’Antimafia? Io credo che la commissione di Vigilanza farebbe bene ad occuparsi del fatto che il servizio pubblico offra un buon servizio e tenga l’opinione pubblica informata sui fatti senza chiedere ai suoi giornalisti di abdicare alla propria professionalità e deontologia”.
A parte le opinioni contrastanti, una cosa è certa: l’intervista al figlio di Totò Riina non è soltanto un incidente di percorso, bensì rappresenta un macigno sulla strada della costruzione di una nuova televisione, di una nuova Rai. Qualcosa che stona con lo spirito di una nazione che cerca nella sua tv rispetto verso le sue pagine più tragiche.