“Stann’ appicciann’ a cas’ e mammà” recita una delle epiche frasi estrapolate dalla prima serie di “Gomorra”. A pronunciarla è il boss Salvatore Conte, finito nel mirino del clan egemone e rivale, quello dei Savastano, che appiccando un incendio doloso presso l’abitazione della madre di Conte, mentre il boss stava cenando tra quelle stesse pareti, gli lancia un segnale forte, volto a ridimensionare le sue velleità in termini di potere sul controllo del traffico di stupefacenti.
Una donna di 73 anni, mamma di un pluripregiudicato collaboratore di giustizia, è rimasta intossicata per il fumo sprigionatosi da un incendio di natura dolosa che ha coinvolto la sua abitazione nel quartiere di Ponticelli a Napoli.
Non è ancora chiaro se a provocare il rogo sia stato il lancio di una bottiglia con liquido infiammabile o di un ordigno rudimentale.
La donna è stata trasportata prima all’ospedale Villa Betania e poi al Cardarelli avendo bisogno della camera iperbarica per riprendersi dopo l’ingente esalazione di fumo.
In relazione a quest’ultimo, macabro episodio non si sa altro, ma, in verità, la successione di azioni criminali susseguitesi nelle ultime settimane, seguita a definire in maniera sempre più nitida, un disegno criminale, cinico e minuziosamente studiato in ogni dettaglio e che non lascia proprio nulla al caso. Bersagli, esecuzioni e minacce seguono un filo logico ben definito rivolto a “punire” i pentiti del clan Sarno diventati collaboratori di giustizia.
Tradire il sistema, infatti, è una di quelle azioni che secondo il codice della camorra rientra tra gli errori che vanno pagati con la vita.
Il collaboratore di giustizia è una “spia”, un “traditore”, un ingrato che rinnega “la famiglia” che gli ha assicurato “il pane” e, pertanto, non è degno di vivere.
E se la vendetta non può consumarsi sulla stessa pelle di chi ha tradito, allora, diventa trasversale e ricade sui familiari, anche se del tutto estranei alle dinamiche criminali, anzi, è anche meglio, perché la morte innocente fa più male, arreca più dolore. Ciò che conta è che “quella spiata” sia punita con lo stesso sangue che scorre nelle vene del “traditore”.
Questo sta accadendo a Ponticelli: un clan sta “punendo” i Sarno, questo è quanto rilancia l’incendio maturato stanotte, in concomitanza con due agguati costati la vita a due persone estranee alle dinamiche camorristiche, ma imparentate con i Sarno e in attesa che le indagini investigative giungano a scoprire chi ci sia dietro questa cruenta vendetta, “la voce del popolo” fornisce delle indicazioni che potrebbero indicare una pista da seguire: viale Margherita e Rione Villa. È lì che si concentra il potere criminale di chi decide le sorti del quartiere, ora.