Una vicenda che sembra uscita da un film horror: la Corte di Assise di Ravenna ha condannato all’ergastolo l’infermiera Daniela Poggiali, 42 anni, con l’accusa di aver ucciso una paziente di 78 anni lo scorso aprile con una iniezione letale di potassio, e non solo.
Ammonterebbero a 38 le morti avvenute quando lei era in servizio, dieci quelle su cui vogliono far luce gli inquirenti, oltre a destare molta impressione i selfie che la Poggiali si fece in ospedale con accanto il cadavere della paziente.
Inquietante la storia della foto che l’infermiera si era fatta fare anche davanti ad un’altra ricoverata appena morta, con lei sorridente che mostrava i pollici alzati. Così come terribili sono le accuse di aver rubato contanti e oggetti ai pazienti e all’ospedale, cui è chiamata a rispondere insieme a quella di omicidio volontario pluriaggravato: vilipendio di cadavere, furto aggravato e peculato.
A destare sospetti anche i 191 decessi avvenuti nel periodo preso in considerazione: basti pensare che solo 139 sono avvenuti nel settore in cui in quel momento stava lavorando la Poggiali, un numero che equivale a 2 volte e mezzo quello degli altri reparti. Un eccesso di mortalità, mentre l’indagata era in servizio. Tanto che, dopo l’arresto della donna si è stata registrata una significativa riduzione dei decessi.
“Si è al cospetto di risultati che è eufemistico definire agghiaccianti, risultati che pur non consentendo di individuare le vittime diverse dalla Calderoni, in effetti depongono nel senso di una diuturna e sistematica opera di eliminazione dei ricoverati da parte dell’odierna appellante” queste le parole dell’ordinanza.
L’ex infermiera è in prigione a Forlì dall’8 ottobre scorso. E 2 giorni fa il tribunale del riesame ha respinto l’appello contro l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che rifiutava, a sua volta, la richiesta di revoca o sostituzione della custodia cautelare in carcere presentata dalla difesa della Poggiali. La motivazione alla base del rigetto è stata chiarita dal procuratore della Repubblica Alessandro Mancini, che la definisce: “una pietra miliare per questa indagine che volge a conclusione e che, per quanto ci riguarda, consisterà nella richiesta di giudizio immediato nei confronti della Poggiali per omicidio pluriaggravato e peculato“.
“L’ipotesi accusatoria è solo suggestiva”, aveva detto Dalla Valle, avvocato della Poggiali. Le parti civili avevano chiesto risarcimenti per i danni subiti per un totale di un milione e 780 mila euro. Infine, questa macabra vicenda si conclude con: l’ergastolo, senza isolamento diurno e con l’esclusione dell’aggravante dei motivi abbietti e la conferma di quelle della premeditazione e dell’uso di un mezzo venefico. Dopo quasi otto ore di camera di Consiglio, è questa la sentenza dei giudici della corte d’assise di Ravenna che hanno usato la pena massima per chiudere il caso di Daniela Poggiali.