Ponticelli finisce nuovamente nell’occhio del ciclone mediatico, stavolta per merito di un video, diventato subito virale, che racconta le immagini tutt’altro che usuali di una rapina avvenuta in una gioielleria del quartiere.
Il gioielliere e il rapinatore si scambiano “un segno di pace”, ovvero, si stringono la mano nel bel mezzo dell’azione criminale. Impossibile, impensabile, inspiegabile. Eppure è proprio quanto immortalato dalle suddette immagini.
Il video, infatti, mostra chiaramente il rapinatore che porge i documenti al gioielliere che ha appena rapinato e l’uomo che subito dopo gli stringe la mano.
Le immagini hanno immediatamente suscitato polemiche, reazioni forti e contrastanti, azionando una fragorosa macchina mediatica. Indignazione e sconcerto troneggiano tra la gente comune ed è subito partita “la caccia al gioielliere” per trovare una spiegazione a quel gesto tanto eclatante.
Il protagonista della scena dell’insolito filmato non si è sottratto alla necessità di fare chiarezza sulla vicenda, ma ha scelto di restare anonimo: «Mi hanno presentato come una vittima della sindrome di Stoccolma ma non è così – spiega in un’intervista rilasciata a “Il Mattino” – Nel mio caso vittima e carnefice non hanno stretto alcun rapporto. Figuriamoci se con una pistola puntata alla fronte potevo fare amicizia con l’uomo che mi teneva sotto tiro…roba da pazzi. I media hanno raccontato che io avrei avuto pena del rapinatore perché lui mi avrebbe raccontato che aveva una figlia da mantenere, ma questo è semplicemente assurdo».
E allora quale significato va attribuito a quella stretta di mano?
«Il negozio è protetto da una doppia porta azionata dall’interno – spiega il commerciante – e il malvivente, dopo che la complice si era allontanata con il bottino aveva bisogno di uscire. Voleva prendermi come ostaggio, ma io non avevo le chiavi, per questo si è messo a discutere con me».
Le cose, dunque, sarebbero andate in maniera totalmente diversa da quello che appare nelle immagini. La rapina è avvenuta il 29 dicembre, il bandito è entrato nella gioielleria con una donna – che poi si è scoperta che era la suocera – ha tirato fuori la pistola e ha condotto il commerciante alla cassaforte tirando fuori ori e argenti che ha consegnato alla complice che subito dopo si è allontanata.
All’incirca un mese fa, durante un’incursione tra i commercianti del centralissimo Corso Ponticelli ho riscontrato non poca reticenza nel voler affrontare il tema sicurezza. Pochi, pochissimi i commercianti disposti ad interagire per fornire un tracciato attendibile della situazione che si respira tra le mura del quartiere.
La piazza piuttosto che le strade, in particolare al calar del sole, sono ostaggio dei bulli e delle baby gang che si divertono a molestare e turbare la quiete dei passati, in sella ai loro sfrontati scooter, ma anche aggirandosi a piedi lungo una strada popolata da attività commerciali, ma, paradossalmente, “lasciata sola” in balia di quelle angherie, frutto dell’arroganza di ragazzini, ma, alle quali si ha paura di ribellarsi secondo il famoso principio “non puoi mai sapere a chi appartengono”, ovvero, quella condotta può essere legittimata solo da un legame di parentela con affiliati e “pezzi grossi” dei clan egemoni sul territorio.
L’esiguo numero di pattuglie a disposizione delle forze dell’ordine facilita il persistere di questo modus operandi, ma i commercianti sembrano non sentire il peso dell’assenza di una quantità di uomini in divisa utile ad arginare il problema. O almeno, scelgono di non esternarla al cospetto della stampa.
La maggior parte dei commercianti racconta Ponticelli come “un’isola felice”, dove il commercio va a rilento per colpa della crisi e della sensibile ed esponenziale insorgenza di negozi Made in China, non di certo perché la gente comune ha paura di beccarsi una pallottola mentre sta comprando il pane o di ritrovarsi imbrigliata in altri spiacevoli episodi. La criminalità, in tutte le sue forme e dimensioni, non viene mai citata: non esiste il racket, né tantomeno le rapine, gli scippi, i furti o le baby gang che prendono di mira i passanti ed incutono timore perché “un piccolo branco” che si scaglia contro un singolo, secondo la legge dei numeri, è pur sempre destinato ad avere la meglio.
Se secondo la voce dei diretti interessati non esiste nulla di tutto ciò, allora, da dove sbucano video come quello che racconta una rapina surreale messa a segno proprio a Ponticelli?