Ilaria Cucchi ha pubblicato su Facebook la foto di uno dei carabinieri indagati per la morte del fratello, Stefano.
Un gesto forte, quello fatto dalla sorella di Stefano Cucchi, arrestato nella notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009 per droga, e morto ‘misteriosamente’ una settimana dopo all’ospedale Pertini di Roma. La foto in questione rappresenta l’immagine, in costume da bagno, di un uomo sulla quarantina, prestante, gli addominali scolpiti, i muscoli ben allenati, che si è messo in posa tra gli scogli di qualche località marina. La foto era stata pubblicata dallo stesso e successivamente condivisa da Ilaria Cucchi.
Potremmo asserire che l’orrore sopportato in questi anni giustifichi ampiamente il suo gesto, ma ciò che si è scatenato tra i vari commenti è pericoloso sia per lei che per l’indagine. A tal proposito, qualcuno ha proposto: “Perché non organizzare una squadra di tre o quattro persone di buona volontà per sgonfiare i muscoli a questo bastardo con il cervello pieno di letame?”, infatti, come era prevedibile, sotto l’immagine del carabiniere si è riversata una valanga di insulti, tanto che la stessa Ilaria Cucchi ha sentito la necessità di intervenire per invitare i suoi amici a “non usare gli stessi toni che sono stati usati per lui”, cioè per Stefano. “Noi crediamo nella giustizia – ha aggiunto – e non rispondiamo alla violenza con la violenza”.
Ma, nonostante i tentativi di sedare gli animi da parte della sorella del giovane, è scattata la denuncia: “Il mio assistito dopo il post su Facebook di Ilaria Cucchi è stato sommerso da minacce di morte rivolte a lui e ai suoi familiari. Per questo, oltre a denunciare Ilaria Cucchi per diffamazione, denunceremo anche gli autori di queste minacce”. Queste ultime, le parole del legale di Francesco Tedesco, il carabiniere indagato per la morte di Cucchi.
Potremmo concludere dicendo che si, forse Ilaria Cucchi ha commesso un’imprudenza, ma possiede più di una giustificazione. Non solo quelle ovvie, causate dall’incubo che da sei anni ha inghiottito lei e la sua famiglia, c’è inoltre una giustificazione che deriva dal vero senso pubblico della battaglia che ha avviato. Un senso che tutti dovrebbero condividere, a partire dai vertici delle forze dell’ordine.