Quello dello “stagnaro” era, come dice lo stesso nome, un antico mestiere legato all’uso dello stagno, sia come saldatore che come riparatore di impianti idraulici e pentole di rame rivestite di stagno.
Il rame è un metallo di colore rosso, simbolo Cu e numero atomico 29, che appartiene agli elementi di transizione della tavola periodica, nella stessa colonna di argento e oro, con cui ha molte affinità chimico-fisiche.
Esposto all’aria, questo metallo si corrode, ricoprendosi di una patina protettiva che cambia a seconda della condizione ambientali.
Le pentole di rame possono, ovviamente, rilasciare ioni di rame anche a freddo, di un sottile film di ossido rameoso, che grazie all’anidride carbonica, diventa una patina verdastra di carbonato di rame e nelle aree marine, per la presenza del cloruro di sodio, anche di cloruro di rame.
Il rame, se riscaldato in presenza di ossigeno, si ricopre rapidamente di macchie scure di ossidi di rame di colore nero e di colore rosso scuro che formano una patina che blocca l’ossidazione, ma può essere rimossa dagli acidi.
Il rame è un metallo tossico, soprattutto per il fegato, perchè se ingerito
oltre i minimi necessari al nostro organismo, può provocare seri problemi gastro intestinali che possono anche evolversi in cirrosi epatica. Per evitare questi rischi è necessario evitare sia il contatto prolungato con impianti idraulici di rame che l’uso delle pentole di solo rame per cucinare cibi acidi che le corrodono. Per questo motivo, sono preferibili le pentole stagnate.
Lo stagno è un metallo malleabile e molto duttile bianco argenteo, a struttura cristallina. Se riscaldato, perde la sua duttilità e diventa fragile. Questo metallo resiste alla corrosione da acqua marina, da acqua distillata e da acqua potabile, ma può essere attaccato da acidi forti, da alcali e da sali acidi. E’ stato uno dei primi metalli ad essere scoperto, e fin dall’antichità venne usato per formare il bronzo, per la sua capacità di legarsi al rame, di cui aumenta la durezza e le doti meccaniche.
Le pentole di rame, proprio per questo motivo, vengono stagnate: lo stagno, infatti, non si corrode facilmente e non rilascia nulla durante la cottura di cibi anche acidi, inoltre è inorganico e poco tossico, si deposita prima nei reni e nel fegato da dove raggiunge per poco tempo il tessuto osseo.
Il rame viene rivestito con lo stagno, che è un materiale inerte ed un buon conduttore di calore. Lo stagnaro procedeva in modo artigianale operando su una fucina con stagno vergine, dopo avere spazzolato l’interno del recipiente per agevolare l’adesione dello stagno al rame.
La pentola veniva quindi riscaldata sulla fucina, fino alla temperatura di fusione dello stagno. A questo punto, all’interno della pentola passava un pane di stagno che fondendo ricopriva le pareti di rame. Dopo avere livellato la copertura, la pentola veniva immersa nell’acqua bollente per farla meglio fissare.
Lo stagnaro, anche se aveva una propria bottega, era un lavoratore itinerante che, armato di una fucina a carbone e degli attrezzi necessari, girava per il paese, fermandosi in una piazza, in attesa delle donne con le loro pentole da riparare. Lavoro difficile e faticoso perchè quasi sempre si trattava di pentole consumate e ammaccate. L’uomo doveva innanzi tutto eliminare lo stagno vecchio, poi sgrassare le pareti con l’acido muriatico e asciugarle bene con un panno di lana. A questo punto si strofinava l’interno con acqua e sabbia fine. Il tutto prima di iniziare il procedimento già descritto per una nuova copertura di stagno.
Con l’avvento di tecniche moderne, che danno un risultato migliore in meno tempo e quindi più convenienti, il mestiere dello stagnaro è praticamente scomparso, così come tanti altri mestieri della stessa epoca.