Napoli si lascia alle spalle una notte animata e contraddistinta da violenti atti di vandalismo: quattro ragazzi aggrediti, un’automobile data alle fiamme, sette tifosi polacchi arrestati, mentre altri 75 sono stati portati nella caserma Iovino per essere identificati, sette tifosi del Napoli e due bulgari arrestati, 9 agenti del reparto mobile, un poliziotto, un carabiniere e tre tifosi polacchi feriti.
Questo il bilancio degli scontri che hanno animato le ore che precedono la partita di Europa League tra il Napoli e il Legia Varsavia, in programma oggi alle 19 allo stadio San Paolo.
Ieri notte i tifosi polacchi sono arrivati in città causando disordini in diverse zone a ridosso della stazione centrale.
L’episodio più grave si è verificato nei pressi della Stazione Garibaldi, dove un folto gruppo di tifosi del Legia Varsavia si è scontrato con un gruppo di ultrà del Napoli nella zona antistante la stazione centrale di Napoli. Bombe carta, mazze di ferro e bastoni sono state le armi di questa guerriglia urbana, sedata dopo oltre 30 minuti di tensione dall’intervento delle forze dell’ordine.
La mezzanotte era trascorsa da circa mezz’ora quando, al cospetto dell’avanzare degli uomini in divisa, i tifosi si sono dati rapidamente alla fuga verso via Marina. Durante il percorso hanno circondato un’automobile su cui erano a bordo quattro giovani poco più che ventenni che stavano tornando a casa. I polacchi hanno colpito la vettura con calci e pugni, poi hanno picchiato i ragazzi e, prima di scappare, hanno lanciato un fumogeno nell’abitacolo. La vettura è andata distrutta. I ragazzi, uno dei quali con vistose ferite al volto, hanno dovuto ricorrere alle cure dei sanitari.
Mentre un’altra rissa si è verificata nella tarda serata nella zona dell’aeroporto di Capodichino.
Un bilancio pesante, giunto al culmine dell’ennesimo efferato atto di violenza al quale il mondo del calcio dovrebbe impropriamente riproporsi di fare da sfondo.
Rivalità, odio, acredini, sorte tra gli spalti e che, ancora una volta, sanno inspiegabilmente riversarsi tra le vie dell’ordinaria quotidianità cittadina. Di mezzo, ancora una volta, ci sono finite persone estranee a quelle becere dinamiche criminali generate dallo sterile alibi del tifo calcistico. Liberi cittadini e forze dell’ordine, ancora una volta, pagano il prezzo più alto nell’ambito di quel macabro regolamento di conti che, sovente, in nome di quella “tacita giustizia sportiva” che personifica uno dei più solidi capisaldi dell’ideologia ultras, tiene banco in contesti che esulano completamente dall’ambito calcistico.
È accaduto a ridosso di una partita di Europa League che, almeno per i supporter azzurri con la squadra di Sarri già ampiamente qualificata, non ricopre alcun valore dal punto di vista strettamente calcistico.
È accaduto a pochi giorni di distanza da una gara che, invece, assume un valore emotivo assai forte non solo per i tifosi partenopei: Napoli-Roma.
Una sfida che ricorda che l’odio che da tempo immemore sgorga tra le due tifoserie, il 3 maggio 2014 è sfociato nel sangue. Sangue azzurro. Quello del tifoso napoletano Ciro Esposito, morto in seguito alle ferite riportate in virtù dell’agguato subito da parte dell’ex ultrà romanista Daniele De Santis.
Un uomo ha impugnato un’arma per sedare quel malsano desiderio di vendetta che spesso nasce dagli spalti e sugli spalti, ma la morte di Ciro cosa ha insegnato a “questi tifosi”?