Veleni, ecoballe, rifiuti tossici, materiale reattivo: questa la realtà che ribollono tra le viscere della terra dei fuochi.
Una condizione denunciata, nota, comprovata quella che tiene saldamente in ostaggio la vivibilità lungo quelle ampie fette di terra contaminate dal prolifero livore di business generato dalle ecomafie, ma che seguita a generare un triste e rabbioso sussulto nelle coscienze, in quelle coscienze che ancora vogliono seguitare a credere nell’auspicio di un futuro migliore, sano, più genuino, sotto tutti gli aspetti, ogni vota che sopraggiunge una notizia che documenta la scoperta di una nuova cava o discarica o qualsivoglia realtà soggiogata da quella montagna insormontabile di rifiuti e pericolo.
Nei giorni scorsi, la Guardia di Finanza di Marcianise ha sequestrato nel Comune di Maddaloni, a ridosso dell’arteria autostradale, una superfice di oltre 11.400 metri quadrati in uno stato di totale degrado, adibita a discarica abusiva.
I finanzieri, a seguito di specifici sopralluoghi e rilievi fotografici, sono riusciti ad individuare la presenza di cumuli di rifiuti di ogni genere, che si propagavano anche nelle profondità del sottosuolo, ammassati su una strada chiusa al traffico e sui terreni ad essa adiacenti, risultati di proprietà della società Autostrade per l’Italia. La zona, non delimitata da idonea recinzione e difficilmente visibile a causa della fitta vegetazione, era cosparsa da decine di tonnellate di rifiuti, molti dei quali pericolosi e tossici, tra cui carcasse di autovetture, pannelli di eternit in frantumi, catrame, pneumatici, elettrodomestici fuori uso, materassi, materiale di risulta di demolizioni di strutture in cemento armato, recipienti di vernici e diluenti a composizione tossica.
Il materiale rinvenuto è stato probabilmente frutto di sversamento maturati nel corso degli anni, in modo illecito, allo scopo di evitare gli onerosi costi richiesti per il regolare smaltimento dello stesso nelle discariche autorizzate. Questa prassi, invalsa nella provincia di Caserta, oltre a deturpare gravemente il territorio provoca irreparabili contaminazioni nel sottosuolo con gravi conseguenze per la cittadinanza e danni alla salute pubblica.
Questo è quanto accade nell’entroterra casertano, ma la situazione all’ombra del Vesuvio non è meno allarmante.
Un sequestro preventivo di beni per 239,7 milioni di euro, disposto dal gip di Napoli, è stato eseguito, invece, nei confronti della società Kuwait Petroleum Italia.
L’ammontare è pari, secondo l’accusa della procura partenopea, al profitto ottenuto mediante lo smaltimento illecito di rifiuti di lavorazione pericolosi. Il sequestro per equivalente – spiega in una nota il procuratore aggiunto di Napoli, Filippo Beatrice, coordinatore della Dda che è titolare dell’inchiesta – è stato disposto nei confronti della società Kuwait Petroleum Italia perché ritenuta responsabile di condotte penalmente rilevanti contestate ad alcuni suoi dirigenti.
Agli otto indagati viene contestato lo stoccaggio di ingenti volumi di rifiuti pericolosi (42mila metri cubi di acque oleose) nei serbatoi installati nel deposito fiscale Kuwait di Napoli, e il loro successivo smaltimento illecito al fine di non sostenere le spese per il corretto trattamento delle sostanze.
Le indagini avevano già portato nel novembre 2013 al sequestro di attrezzature dell’azienda. Secondo la procura le intercettazioni telefoniche e le mail provenienti dai computer sequestrati «hanno consentito di risalire all’esistenza di un accordo tra i responsabili del deposito di Napoli e i vertici della società Kuwait spa, nonché di riscontrare come l’illecito smaltimento dei rifiuti sia stato oggetto di una scelta consapevole della società, allo scopo di non affrontare gli oneri economici derivanti dall’osservanza della normativa in materia, introitando in tal modo le somme che avrebbero dovuto essere impiegate e che costituiscono l’illecito profitto sottoposto a sequestro».