Mentre a dominare la scena mediatica sono gli orribili fatti che hanno animato ed insanguinato la notte di Parigi e l’attenzione del mondo intero è riversata sulle drammatiche e dolorose ore che tengono in ostaggio la serenità dei francesi da circa 24 ore, a Napoli si torna a sparare.
La camorra non conosce né segue regole diverse da quelle dettate dai suoi stessi e diretti interessi, questo è risaputo, e quest’oggi rimarca, a modo suo, il volto più feroce e consueto assunto dalla violenza di “casa nostra”.
A cadere sotto l’assedio di plurimi colpi d’arma da fuoco è il 45enne boss del Rione Sanità, Pietro Esposito, detto Pierino, ritornato in libertà da poco più di un anno. Suo figlio Ciro detiene un macabro primato: assassinato in un agguato lo scorso 7 gennaio, il 21enne è stato il primo morto ammazzato del 2015. L’ironia del destino vuole che Ciro fu ucciso qualche decina di metri oltre il punto in cui i killer hanno ammazzato suo padre quest’oggi. Al contrario del padre, lui non morì sul colpo: gli amici lo accompagnarono di volata al Vecchio Pellegrini dove, però i medici non hanno potuto far nulla per salvarlo.
L’agguato è maturato poco prima delle 16,30 e si è consumato in una manciata di minuti: in strada ancora pochi passanti, qualche signora che approfitta della calma per anticipare gli acquisti per il pranzo domenicale.
Pietro Esposito era a bordo di uno scooter T-Max ed era diretto verso via Foria, ma, giunto in piazza Sanità, ha trovato la morte a sbarrargli la strada.
Un autentico commando di morte ha portato a compimento un’azione rapida, eseguita palesando una navigata esperienza.
“Hanno fatto un bel servizio”: così si dice a Napoli. L’uomo è morto sul colpo, raggiunto da svariati proiettili alla schiena e “il colpo di grazia” alla testa, per essere certi di non lasciare l’opera incompiuta.
Per ricostruire la dinamica dei fatti, gli inquirenti non possono basarsi su alcuna testimonianza diretta: gli investigatori devono affidarsi ai rilievi dei colleghi della polizia scientifica, perché, come da prassi, nessuno ha visto, nessuno ha sentito. L’agguato si è consumato proprio all’altezza della basilica di Santa Maria della sanità, per tutti la chiesa di san Vincenzo alla Sanità. Sul pavimento stradale di sampietrini diversi pezzi della carrozzeria dello scooter di Esposito, segno che l’azione è iniziata quando il boss era a bordo del mezzo in movimento. Ma l’uomo dev’essersi accorto che qualcosa non quadrava perché il motociclo è stato trovato appoggiato su uno dei dissuasori di sosta in granito. Pietro Esposito, a quanto pare, non era armato. D’altra parte doveva sentirsi sicuro a «casa sua» nel “suo” rione, considerando anche che il suo nemico giurato, Pasquale Sibillo è attualmente detenuto. Invece i killer erano già appostati da diverso tempo. Esposito preferisce fuggire a piedi: ed perché forse abbandona lo scooter, nella concitata disperazione che hanno contraddistinto i suoi ultimi attimi di vita ha affidato alla forza delle sue gambe l’estremo e disperato tentativo di mettersi in salvo, cercando di raggiungere uno dei vicoletti per riuscire a trovare riparo in qualche abitazione «amica». Tutto inutile: i killer avevano probabilmente previsto anche una reazione del boss. Gli sparano anche alle spalle: il corpo del boss sarà ritrovato dagli uomini della squadra mobile di Fausto Lamparelli con la faccia pigiata sul selciato stradale, le braccia accostate in maniera parallela al corpo. La mira dei killer però non può essere precisa: i movimenti rapidi della fuga del loro obiettivo costringono a esplodere diversi colpi. E non si accorgono che, sulla loro «linea di tiro», si trova Giovanni Catena, 29 anni, dipendente del pub «il Pocho», che sta raggiungendo il cassonetto per gettare l’immondizia: un proiettile lo colpisce all’addome.
I killer, ormai sicuri di aver portato a termine la loro missione di morte, fuggono via, forse in sella ad una moto.
Di sicuro, per il calibro della vittima designata, nel commando c’erano complici di appoggio, per prevenire eventuali reazioni degli uomini vicini a Esposito. Con la solita telefonata anonima vengono attivati i soccorsi: arrivano le volanti dell’Upg dei dirigente Michele Spina, con al seguito un’ambulanza del 118. Le condizioni del giovane 29enne sono critiche: dopo aver stabilizzato il ferito l’autolettiga scappa verso il pronto soccorso del vecchio Pellegrini, dove il ragazzo viene sottoposto ad un’operazione. Gli inquirenti non si sbilanciano più di tanto, ma la matrice dell’omicidio non sarebbe complicata da inquadrare, perché un arresto, sia pure eccellente, non avrebbe potuto stravolgere stravolge la geografia di due quartieri in guerra tra loro, la sanità degli Esposito e la Forcella dei Giuliano-Sibillo-Brunetti . In quella stessa piazza, all’alba del 6 settembre fu ammazzato il diciassettenne Gennaro Cesarano.