Daniele De Santis, detto Gastone, l’ultrà romanista finito a processo per l’omicidio volontario di Ciro Esposito, il tifoso napoletano morto dopo 52 giorni di agonia al policlinico Gemelli per le ferite riportate durante gli scontri prima della finale di Coppa Italia del 2014 tra Napoli e Fiorentina disputata all’Olimpico di Roma, non sarebbe stato solo nelle fasi dell’attacco al pullman dei tifosi partenopei.
Quello di De Santis non fu l’attacco di un folle, ma l’agguato, studiato e premeditato, nei minimi dettagli, da lui e dai “membri della sua setta”.
Quel giorno agirono animati da un intento ben preciso: sterminare i napoletani, in quanto “razza” da eliminare. Al pari dei rom e degli omosessuali e di altre stirpi non meritevoli di esistere al mondo, secondo quel credo sul quale Gastone ha fondato il suo “movimento”.
Una teoria che trova conferma nelle dichiarazioni rilasciate quest’oggi in aula da Diego Parente, ex dirigente della Digos capitolina, ascoltato durante un’udienza del processo, volto proprio a far luce su quanto accaduto quel giorno e rendere giustizia ad una morte che, comunque vada, rimarrà ingiusta.
Attraverso la testimonianza di Parente è emersa “la possibilità che ci fossero altre 3 persone travisate” che, pur “non avendo avuto un comportamento attivo” avrebbero “spalleggiato De Santis“.
Le stesse tre persone che, ha aggiunto il testimone rispondendo alle domande dei pm Eugenio Albamonte e Antonino di Maio, “stando a fonti confidenziali” sarebbero state sottoposte a “una sorta di processo da parte del tifo organizzato romanista”. Una specie di “tribunale del popolo” con il quale gli ultrà giallorossi avrebbero cercato di verificare perché chi era con De Santis non lo aveva spalleggiato a dovere. Una tesi, questa della possibile presenza di altri tre romanisti sul luogo degli incidenti che avrebbe poi portato al ritrovamento di un k-way e di un mazzo di chiavi in un campo incolto, situato nei pressi del Ciak Village (il “covo” di De Santis), che sarebbe servito da via di fuga per i tre fiancheggiatori. A sostegno di questa ipotesi, inoltre, ci sarebbe la testimonianza di un militare che, dalla sua postazione nella caserma dei carabinieri a cavallo (nelle immediate vicinanze del Ciak Village) avrebbe visto un gruppetto di persone allontanarsi. Attraverso lo stesso campo, i tre sarebbero poi arrivati sulla tangenziale, all’altezza del viadotto Fleming. Zona, quest’ultima, già in passato teatro di agguati e scontri tra tifosi. Alla chiusura delle indagini, prima del rinvio a giudizio di De Santis, era già stata stralciata la posizione di quattro persone che, secondo l’accusa, erano con l’imputato.
Non c’era oggi, De Santis, oggi ha scelto di non comparire davanti ai giudici della terza Corte d’Assise del tribunale di Roma, nell’aula bunker di Rebibbia. Ma c’era Italo De Astis, ex responsabile della squadra tifoserie della Digos, chiamato oggi a testimoniare. Proprio attraverso le dichiarazioni di quest’ultimo Daniele De Santis “è stato allontanato dai Boys perché considerato troppo violento”. Ha poi spiegato che si tratta di un personaggio “di spicco” della tifoseria estrema giallorossa; una persona di “indole particolarmente violenta”. De Astis ha anche elencato una serie di episodi di violenza nel quale sarebbe stato coinvolto De Santis. Una lunga lista di “precedenti”, che però l’avvocato difensore dell’imputato ha in parte smentito, affermando che a carico del suo assistito non risultano condanne. Secondo il funzionario della Digos, De Santis sarebbe stato arrestato, nel 1994, a Brescia, in occasione di un incontro di calcio tra la Roma e la squadra lombarda passata alla cronaca per l’accoltellamento di un questore aggiunto. Nel 1995, invece, stando ancora al racconto di De Astis, l’ultrà giallorosso sarebbe stato sottoposto a daspo per aver danneggiato alcune automobili nei pressi dello stadio di Vicenza. Ancora nel 2007, De Santis avrebbe partecipato all’assalto di un pullman di tifosi del Millan, sulla tangenziale, all’altezza del Foro Italico. L’ultimo episodio di cui si sarebbe reso protagonista lo stesso imputato, prima dei tragici fatti del 3 maggio scorso, riguarderebbe invece l’uso ovviamente non autorizzato di un idrante nella curva sud dello stadio Olimpico di Roma. Nel tempo, dopo aver lasciato i Boys, De Santis avrebbe prima costituito un suo gruppo e poi si sarebbe legato a “Opposta Fazione”, una delle frange di estrema destra della tifoseria giallorossa. Contemporaneamente, De Santis, avrebbe dimostrato la fede politica avvicinandosi al “Movimento politico occidentale”. Diversa invece la situazione descritta dal testimone per quanto riguarda gli altri due imputati e per il defunto Ciro Esposito. I tre partenopei, infatti, secondo gli accertamenti svolti con la questura di Napoli, non sarebbero riconducibili alla tifoseria violenta e organizzata del capoluogo campano.
Gennaro, Alfonso e Ciro erano tre tifosi qualunque che stavano andando allo stadio solo per assistere ad una partita di calcio. Nel corso dell’udienza oltre al ricongiungimento del procedimento che vede sul banco degli imputati De Santis e Gennario Fioretti (quest’ultimo accusato di rissa) e quello nei confronti di Alfonso Esposito (stralciato per un difetto di notifica), sono state mostrate alcune riprese video effettuate nell’immediatezza dei fatti. In uno di questi, in particolare, il dirigente della Digos, rispondendo alle domande dei pm Eugenio Albamonte e Antonino di Maio, ha affermato di poter riconoscere con tutta probabilità Ciro Esposito, ripreso nell’atto di scavalcare uno spartitraffico su via di Tor di Quinto insieme a una cinquantina di altri tifosi napoletani. In questa circostanza, il gruppo sarebbe intervenuto in soccorso del pullman assaltato da De Santis. Ciro Esposito, nel video, sarebbe riconoscibile per via di uno zaino fucsia indossato sulle spalle. Lo stesso zaino, infatti, sembrerebbe del tutto simile a quello che Ciro portava mentre veniva trascinato fuori dal luogo del delitto. Antonella Leardi, madre di Ciro, ha seguito con grande tensione tutte le fasi dell’udienza e, in particolare, nel momento in cui da uno dei filmati si sono uditi distintamente quattro colpi di pistola, si è abbandonata a una drammatica crisi di pianto. Non riuscendo a trattenere il dolore suscitato dalla visione delle immagini è stata accompagnata fuori dall’aula e per qualche minuto l’udienza è stata sospesa. Subito dopo la visione del materiale video, i giudici dell’Assise hanno poi ascoltato le registrazioni delle comunicazioni radio intercorse tra le forze dell’ordine nei momenti più concitati della vicenda.
Quel giorno, a Roma, poteva e doveva svolgersi solo un incontro di calcio. Invece, un ragazzo perbene di Scampia, a casa non ci è più tornato.