Giancarlo non era un eroe, ma un giornalista che amava e credeva nel suo lavoro.
Giancarlo era un ragazzo, giovane, giovanissimo, ma con degli ideali già ben delineati e nei quali credeva fortemente.
Giancarlo la camorra la combatteva, denunciandola, da giornalista e la odiava con tutto sé stesso, da libero cittadino. Ci marciava contro, idealmente e materialmente, durante i cortei ed attraverso la pratica ordinaria del suo lavoro, confezionando articoli volti a smascherare in maniera acuta e semplice quel sistema più che ben radicato nel tessuto sociale.
A lui non erano riservate le prime pagine e i titoloni, la voglia di cambiare quello che non va Giancarlo ha imparato a relegarla in piccoli trafiletti all’interno dei quali lasciava confluire tutto il suo genio, tutta la sua passione verso quel mestiere, tanto affascinante quanto infimo.
Giancarlo Siani, in un giorno qualunque franato nella sua vita esattamente 30 anni fa, veniva assassinato in un agguato, per volere del boss a capo del clan Gionta di Torre Annunziata, incapace di tollerare ancora quello “sputtanamento mediatico” che attraverso il meticoloso lavoro di quel giovane giornalista innamorato del suo lavoro, spiattellava le vicende del clan sulle pagine dei giornali, rendendole “storie di dominio pubblico”, alla portata di tutti e comprensibili a tutti, sfatando quel velo di omertoso mistero che personifica l’alibi solido che ovatta gli intrecci camorristici.
Morì così Giancarlo, appena quattro giorni dopo aver compiuto 26 anni, trucidato a pochi metri dalla sua abitazione, a bordo di quella Mehari che lo ha accompagnato nelle scorribande a caccia di notizie tra vicoli e strade dissestate dell’hinterland partenopeo e che oggi rappresenta uno dei più autorevoli simboli della libertà. Quella che non vuole e non può accettare compromessi, perché non sa farlo, quella che trova nella sincera espressione del proprio credo, del proprio essere e della propria passione la sua forma più appagante ed esaustiva.
Non è necessario “essere o fare” i giornalisti per urlare la verità: vivere facendo tesoro dell’esempio che Giancarlo Siani ci ha lasciato in eredità, rappresenta il modo più appropriato e sincero di omaggiarne la memoria.