Se non fosse anche solo per il fatto che gli sfarzi e gli eccessi peculiari del modo di festeggiare matrimoni e ricorrenze di vario genere secondo usi e costumi del meridione, si rivelano tanto capaci di destare scalpore e lasciare a bocca aperta l’opinione pubblica da aver perfino meritato di diventare il tema portante di un reality-show creato ad hoc, le stravaganze peculiari delle cerimonie di genere si vedono, ormai, tenute a sganciare una bomba particolarmente eclatante per “fare audience”.
La moda di affittare spazi pubblicitari sui quali affiggere pomposi manifesti che esibiscono in bella mostra i futuri sposi piuttosto che i pargoli che si accingono alla prima comunione è senz’altro una pratica ampiamente diffusa.
Eppure, il manifesto di sei metri per tre, ritraente due genitori che annunciano urbi et orbi che il loro bambino domani sarà battezzato avvalendosi della discutibile frase: «Questa creatura meravigliosa è… cosa nostra» ha fin da subito suscitato non poche polemiche.
La frase recitata dal cartellone, accanto al piccolo che indossa una coppola storta, secondo la più convenzionale iconografia del mafiosa, appare su un manifesto esposto a Giarre e a Riposto, due comuni del Catanese e risulta a tutti gli effetti un inequivocabile “inno alla mafia.”
Al piccolo – di cui i genitori, evidentemente poco sensibili alle norme sulla privacy, pubblicano sul manifesto il nome per esteso – è dedicata metà dello spazio; gli altri nove metri quadrati sono spartiti tra gli «ospiti della serata»: sei cantanti (tre donne e tre uomini), in buona parte neomelodici, che si esibiranno in una villa di Giarre e noti ai cultori del genere per le loro apparizioni nelle tv locali.
Tuttavia, dopo la diffusione della notizia e conseguenzialmente al calderone di polemiche che tiene banco da ore, un paio di cantanti hanno già annunciato il forfait.
L’evento sarà trasmesso in diretta, avverte l’annuncio, dall’emittente locale Radio Universal che interrogata sulla questione, dice di non saperne niente. O meglio: il papà del bambino, spiega lo staff della radio, ha chiesto qualche generica informazione, poi non si è più fatto vivo.
La vicenda ha mobilitato la polizia e il questore di Catania, Marcello Cardona, ha disposto la rimozione dei singolari manifesti.
Il papà del neonato non è sconosciuto alle forze dell’ordine: a suo carico, infatti, risultano precedenti penali.
«Bene ha fatto la questura di Catania a ordinare la rimozione dei cartelloni – ha commentato il presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi – così come, siamo certi, vigilerà domani sulla cerimonia». «Non sarebbe stato giusto – ha aggiunto – consentire una così sfrontata rivendicazione di appartenenza e di potere mafiosi, unita alla strumentalizzazione di un minore».
«Un’onta vergognosa», ha definito l’episodio il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri. «E’ inammissibile – dice – che si strumentalizzi la vita di un bambino per dare risalto ai disvalori della criminalità organizzata. Bene ha fatto il questore di Catania a ordinare la rimozione immediata dei manifesti».
Anche la parlamentare Vanna Iori, che nel Pd è responsabile per l’infanzia e l’adolescenza, parla di «strumentalizzazione indegna che va condannata con fermezza. Si tenta di associare e assimilare la figura innocente di un bambino ai valori disdicevoli della mafia: non possiamo accettare che un simile gesto possa passare sotto silenzio», e auspica che sia individuato quanto prima «chi ha permesso che ciò potesse accadere».
In serata, attraverso il suo legale, Enzo Iofrida, il papà del bimbo ha riferito che la frase gli è stata ispirata dalla foto del figlio. Insomma, avrebbe adattato il testo all’immagine non scattata per l’occasione «con un intento goliardico e senza voler offendere né chiesa né istituzioni».
È proprio il caso di dirlo: al peggio non c’è mai fine.