Un lenzuolo bianco, adagiato sul marciapiede che affianca la pista ciclabile del parco comunale dedicato ai Fratelli de Filippo, più comunemente definita “la villa comunale di Ponticelli”. A pochi passi dal famigerato dipinto di Jorit Agoch che raffigura una bambina rom che, insieme ai podisti e ai passanti sopraggiunti sul posto, nulla hanno potuto, se non contemplare in silenzio quell’improvvisa scena di morte.
Un delitto di camorra: questa la prima congettura che si fa spazio tra le ipotesi che hanno potuto portare quel corpo, coperto da un discreto lenzuolo bianco, a tramortire al suolo. Invece no, si tratta di un uomo colto da un malore, mentre faceva jogging.
A nulla è servito il tentativo di rianimarlo da parte degli uomini del 118 giunti sul posto. Quell’uomo è spirato così, mentre era intento a praticare le gesta confacenti alla sua vita ordinaria. Un’immagine straziante, protetta dallo sguardo vigile dei carabinieri celermente giunti sul posto, per non permettere agli altri podisti di transitare intorno al cadavere.
Un clima surreale, incupito da minacciosi nuvoloni grigi e reso ancor più triste dal sopraggiungere dei familiari dell’uomo. La prima a giungere lì dove stanziava quel corpo senza vita, circondato da una sempre più nutrita folla di passanti e residenti in zona, è stata la moglie. Incredula ed attonita, al cospetto del tutt’altro che rassicurante lenzuolo bianco, ha chiesto agli uomini del 118 di dirle esattamente cosa fosse successo.
“Ha avuto un malore mentre stava correndo”, le hanno spiegato. Quando ha tirato via il lenzuolo per scrutarne il volto, la donna è stata travolta e stravolta da quell’inaccettabile realtà. Suo marito, quest’oggi, è uscito di casa per fare jogging e non vi farà mai più ritorno.
Un dolore indicibile, franato inaspettatamente nella vita di una famiglia qualunque, distrutta, straziata, sconvolta da quell’epilogo tanto inaspettato quanto crudele.
Uno shock indomabile, tant’è vero che la donna è svenuta più volte. Poi è giunto uno dei fratelli dell’uomo deceduto: analoga disperazione frammista ad incredulità. Continuava a battere i pugni contro il muretto che costeggia il marciapiede, mentre continuava a chiedersi: “E ora come faccio? Come facciamo!?”
Lacrime, urla, dolore: un’escalation di disperazione che ha raggiunto l’apice quando è giunto il figlio. Un ragazzo pressoché 15enne, accompagnato in scooter da un amico. Si è fiondato subito sul cadavere e ha spazzato via il lenzuolo. “Perché mi hai fatto questo?” “Avevo ancora bisogno di te”.
L’inadeguatezza del contesto che circondava quel dolore tanto crudo quanto lancinante è stata spazzata via dalla pioggia che, di lì a poco, si è abbattuta sul quartiere ad anche su quel limbo di terra, quasi come a volerlo ripulire da quel tragico e doloroso orpello.
Un uomo di età compresa tra i 50 e i 55 anni che era solito frequentare la villa per concedersi una sana corsetta, marito adorato dalla moglie e padre ancor più amato da un figlio. Non importa che lavoro facesse e come si chiamasse.
Oggi, quell’uomo, ci ha lasciato due insegnamenti difficili da dimenticare: il destino sa essere anche più crudele della camorra e “la vita è un attimo.”