L’ignaro turista desista dal chiedere indicazioni per Pollena Trocchia al medio cittadino napoletano, si troverebbe di fronte espressioni perplesse, se non ilari o addirittura contrariate, di chi si sente preso in giro.
Il motivo di tale arcobaleno di reazioni è presto detto: per qualche recondita ragione, a tutti ignota, in un tempo passato non chiaramente quantificabile, Pollena Trocchia divenne sinonimo di “isola che non c’è”, di paese immaginario, dal carattere idilliaco, di cui molti napoletani ignorano la reale esistenza.
Pollena Trocchia invece esiste ed è un delizioso piccolo paese, immerso nel verde e nella tranquillità. Sorge alle pendici del Monte Somma e nasce come comune, nel 1811, quando con decreto regio ad opera del re delle due Sicilie Gioacchino Napoleone Murat si unirono i casali di Pollena e Trocchia.
La città sarebbe stata abitata sin da tempi antichi, come dimostrano le evidenze archeologiche, numerose soprattutto per l’epoca romana.
Chi si trovava a passeggiare nei pressi di via Via Vasca Cozzolino attorno agli anni ‘80 difficilmente poteva immaginare quale tesoro vi fosse nascosto sotto.
Questo tesoro non dovette sembrare tanto prezioso, ma anzi piuttosto scomodo, di intralcio a chi lo scoprì durante i lavori per la costruzione del Parco Europa che oggi si erge sugli scavi.
Dopo aver cercato di distruggere quanto si stava scoprendo (sono ancora visibili in alcuni punti i segni lasciati dalla pala meccanica), e non riuscendovi, il sito venne notificato alla Soprintendenza Archeologica.
A quel tempo venne interpretato dall’allora funzionario di zona come magazzini di una villa rustica costruita dopo l’eruzione che distrusse Pompei.
Lo scavo di quella che si è compresa essere in realtà non una fattoria di II sec. bensì una villa con annesso complesso termale di fine I sec. fu ripreso nel 2007 ed è a tutt’oggi, curato dall’Apolline Project.
Le terme, che ebbero origine nel mondo greco, durante il periodo romano svolgono un`importantissima funzione sociale e culturale. Erano aperte a tutti, a prescindere dal sesso, dall’età e dal rango sociale (gli stessi schiavi potevano usufruirne dopo essersi dedicati alla cura dei loro signori) e tutti vi si recavano, compreso l`imperatore e la sua famiglia. Si presentavano quindi come un vero livellatore sociale. Ad accrescerne la popolarità contribuiva anche la convinzione che fossero ottimo alleato per la salute, erano infatti sovente raccomandate dai medici.
L’accesso al sito avviene dal lato nord: attraverso una rampa costeggiamo gli ambienti di servizio il cui accesso era in antico riservato ai soli schiavi che lavoravano nelle terme. Siamo così introdotti nel prefurnio grande, dove l`acqua che serviva per le terme veniva riscaldata e si produceva l’aria calda che veniva poi immessa nei vari ambienti. Adiacente a questo ve ne è un altro di dimensioni minori (su cui sono visibili li segni inferti dal mezzo meccanico nel 1988). Alle sue spalle è la carbonaia, che doveva funzionare da deposito per il combustibile (probabilmente carbone) utilizzata per alimentare le grandi fornaci del prefurnium.
Attraverso questi giungiamo al primo degli ambienti riscaldati, il calidarium maggiore, e subito dopo in uno di dimensioni leggermente più piccole, erano queste le stanze più calde. Da questi due ambienti si possono vedere anche i restanti: il frigidarium, ovvero l’ambiente a temperatura bassa, il laconico, ovvero la sauna. Questi ultimi due sono al momento non accessibili, ma ci forniscono una chiara idea di come doveva essere l’intero complesso termale. Ancora visibili, seppur in gran parte mutile le suspensurae ed i tubuli, ovvero i sistemi necessari al funzionamento delle terme, quelli che, creando spazi vuoti nelle pareti e nei pavimenti, permettevano il passaggio dell`aria calda che circolava nei vari ambienti.
Nel sito sono state rinvenute tre sepolture e diversi resti umani (di circa 9 individui). Le sepolture integre sono di bambini. Quella forse più antica appartiene ad un maschietto di circa sei anni, ed è stata ritrovata nel prefurnio piccolo. Vicino ai suoi resti era una moneta dell’imperatore d’Oriente Marciano (450-457 d.C.): questo ci permette di capire che il piccolo dovette essere seppellito in quel periodo o poco dopo. Sul suo corpo sono stati poi trovati resti di vinaccioli e di un maialino, il che fa pensare che fosse stato consumato un pasto in onore del piccolo.
Le altre due sepolture si trovavano invece nel cortile e si crede siano contemporanee a quelle del bambino di sei anni, ovvero appartenenti tutte alla fase di abbandono della villa.
Si tratta in questo caso di due neonati, forse gemelli, seppelliti in anfora. Questo tipo di sepoltura era abbastanza comune in antichità, soprattutto tra le fasce più povere della popolazione. Si riutilizzava infatti un oggetto posseduto, in questo caso un’anfora, che veniva tagliata in due, e richiusa dopo che il corpo era stato adagiato al suo interno.
L’area del sito fu definitivamente abbandonata tra il 505/512 a seguito dell’ennesima eruzione.