Calcio, ultrà e criminalità: la fusione di questi elementi tramuta le curve dello stadio San Paolo in piccole e fedeli riproduzioni del sistema camorristico saldamente e parimenti integrato nel tessuto sociale partenopeo.
A Napoli, la geografia e la gerarchia interna delle due curve viene disegnata da gruppi del tifo organizzato che non di rado fanno capo a zone cittadine controllate da organizzazioni criminali.
I Mastiffs si posizionano al centro della curva A nella parte più bassa dell’anello superiore, mentre accanto a loro si collocano quelli appartenenti al gruppo del rione Sanità. Poi ci sono le Teste Matte e i Vecchi Lyons, che sono dei Quartieri Spagnoli, e la Masseria Cardone, di Secondigliano.
I Mastiffs, un gruppo che per tempo immemore ha avuto un celeberrimo leader, Gennaro De Tommaso detto “Genny ‘a carogna” ed essenzialmente composto da tifosi del centro storico, provenienti da Forcella, Piazza San Gaetano, via Pietro Colletta.
I gruppi dispongono anche del potere di decidere i posti che ciascuno dei membri del tifo organizzato deve occupare. In particolare non è consentito a nuovi gruppi di tifosi o anche a singoli di prendere posto dove solitamente si sistemano i gruppi ultrà.
Camorra e pallone: un connubio che sovente ha viaggiato di pari passo. Dai tempi in cui il clan Giuliano di Forcella gestiva il monopolio delle scommesse clandestine e omaggiava Diego Armando Maradona aprendogli le porte di casa, così come documentato dalla ormai celebre foto che ritrae il fuoriclasse argentino nella vasca a conchiglia dorata, a quando circolarono voci e sospetti su oscure manovre – seppur mai dimostrate in sede giudiziaria – che fecero perdere al Napoli lo scudetto in un finale di campionato vinto poi dal Milan. Fino a giungere ai tempi più recenti, allorquando destarono perplessità e scalpore le immagini che ritraevano il giovane boss dei “Capitoni” Antonio Lo Russo a bordo campo, nello stadio San Paolo, ad assistere al match tra Napoli e Parma.
Alla lunga lista di precedenti storici si accodano anche i fatti di domenica scorsa.
Stadio San Paolo, curva A: manca poco al fischio d’inizio di Napoli-Sampdoria, ma sulle gradinate scoccano già le prime scintille. A innalzare un’invisibile barriera di odio c’è la guerra in atto tra organizzazioni criminali nel centro storico di Napoli, dove ancora si fronteggiano ciò che resta del gruppo Sibillo-Giuliano-Brunetti-Amirante e gli uomini che non hanno tradito i Mazzarella. Fianco a fianco al San Paolo si ritrovano così, accomunati dalla stessa fede calcistica, esponenti legati ai gruppi malavitosi del Rione Sanità e ultrà del gruppo dei Mastiffs, nucleo storico degli hooligans partenopei che provengono da Forcella. Alle vecchie ruggini si aggiunge il sangue versato negli ultimi tre mesi nel centro storico. E così i Mastiffs – tra i quali ci anche semplici tifosi, estranei alle dinamiche camorristiche – vengono identificati come gli uomini del clan Sibillo, oggi in rotta dopo l’uccisione del baby boss Emanuele Sibillo, assassinato il 2 luglio scorso in via Oronzio Costa.
Intorno alla metà del primo tempo dagli insulti si passa così alle vie di fatto. «Ve ne dovete andare via da qua»: questo è il messaggio lanciato da due pregiudicati che sarebbero legati al clan Sequino-Esposito verso il settore occupato dai tifosi un tempo capeggiati da Genny ‘a Carogna. Il gruppo di tifosi tenta una resistenza e a quel punto le fila degli aggressori si gonfia minacciosamente. In pochi minuti s’innesca il parapiglia: e così, mentre Gonzalo Higuaín infiamma lo stadio siglando la sua prima rete, in quel fazzoletto di curva gli animi si esagitano scatenando una colluttazione, al culmine della quale spuntano le lame di alcuni coltelli che colpiscono di striscio ad un braccio un tifoso e inducono decine di altri giovani venuti allo stadio dalla zona di Forcella ad abbandonare gli spalti.
Grazie alle immagini fornite dal sistema di videosorveglianza dell’impianto di Fuorigrotta, gli inquirenti hanno identificato all’incirca una decina di persone protagoniste di quei concitati attimi di pura violenza.
Età mediamente bassa, si tratta di ragazzi pressoché ventenni, disoccupati, lavoratori saltuari, con piccoli precedenti penali a carico. Prettamente legati al gruppo Mastiffs, gli altri sono invece riconducibili ad altre due sigle (tra cui una che ha la sua roccaforte nel rione Sanità). Sono loro i protagonisti degli scontri avvenuti all’inizio del secondo tempo sugli spalti della Curva A durante la partita Napoli-Sampdoria. Ora rispondono di rissa aggravata e di lesioni personali, inutile cercare testimonianze da parte dei diretti interessati. Le loro versioni sono seriali, si rifugiano dietro l’omertoso scudo dell’alibi standard, esibendo quel consolidato copione che “il perfetto uomo d’onore” è chiamato a recitare in queste circostanze per non lasciarsi dello status di infame: «sono stato aggredito, mi sono difeso, non ho visto chi mi ha aggredito, ho solo pensato a difendermi, ho solo pensato a salvare i fratelli che stavano subendo».
Perché questo genere di questioni, si regolano tenendo alla larga le forze dell’ordine, quelle “guardie” che rappresentano il nemico comune e che, pertanto, devono essere assolutamente tenute a distanza e all’oscuro delle dinamiche e degli intrecci che contraddistinguono anche situazioni di questo genere. Un parapiglia generato da una questione di metri, di spazi. Una frase ha acceso la miccia: «Tre quattro metri, fatevi tre quattro metri più in là», ha urlato qualcuno scatenando il finimondo. Quella notte, subito dopo gli scontri tra hooligan azzurri, almeno otto esponenti del famigerato gruppo dei Mastiffs hanno abbandonato gli spalti della sezione più calda del San Paolo. Ora provano a rientrare e in queste ore sono in corso trattative, incontri per possibili accordi riparatori. C’è una frase che fa da spunto ai tentativi di contatto tra frange dei tifosi: «Lasciamo certe cose fuori dallo stadio… come abbiamo sempre fatto…», si sente dire tra i vicoli del centro storico. C’è una convinzione: domenica notte, alcuni tifosi legati al clan della Sanità hanno provato a fare piazza pulita di supporter ritenuti vicini alla cosiddetta paranza dei bimbi di Forcella. Cose di camorra che entrano nella gestione della curva, nel controllo del tifo organizzato.
Moventi e dinamiche che designano uno scenario complesso: alcuni esponenti del gruppo Mastiffs sarebbero legati ai Sibillo e vengono messi al bando da parte di soggetti legati ai Sequino-Esposito, famiglie storicamente radicate nel rione Sanità, colpite da un agguato consumato mesi fa proprio per ordine dei bimbi di Forcella; poi ci sono le ragioni economiche, quelle legate allo smercio di hashish al San Paolo, dentro e fuori gli spalti, altro probabile motivo che ha scatenato la guerriglia del San Paolo.
Inoltre, dai settori del tifo organizzato del San Paolo domenica sera è stato lanciato un altro messaggio dal chiaro sapore intimidatorio anche al presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis: «Farai la fine di Ferlaino», c’era scritto su un mega-striscione che troneggiava proprio in curva. Chiaro il riferimento ai raid incendiari attuati contro l’abitazione dell’ex patron della squadra azzurra negli “anni d’oro” delle contestazioni da parte dei supporter azzurri nei riguardi della dirigenza partenopea dell’epoca, a capo della quale vi era proprio l’ingegnere