Nicola Barsotti, 26 anni, di San Vito era da tempo tormentato dalla paura di finire in carcere, ha messo così fine al suo incubo in un modo atroce: togliendosi la vita.
La paura di finire in carcere era nata in seguito a una condanna in primo grado per stalking e un processo in vista con accuse pesanti: dalla violenza sessuale al sequestro di persona di una ragazza di 17 anni di Follonica, conosciuta in spiaggia mentre faceva il bagnino. Così, Nicola si è ucciso, e lo ha fatto in modo terribile, ovvero accoltellandosi al petto sotto le mura di Lucca.
Il giovane è stato visto dai poliziotti che hanno invano tentato di fermarlo. Il 26enne è infatti scappato e ha continuato a colpirsi, infliggendosi una serie di coltellate per poi morire poco dopo,nella sera del 31 agosto, sotto il baluardo San Colombano, mentre due agenti tentavano disperatamente di salvargli la vita.
Nicola era da poco ritornato dal Messico, dove era fuggito, convinto di allontanarsi dai suoi guai giudiziari, anche se in realtà nessuna condanna definitiva che lo potesse portare dietro le sbarre era in vista, ma alla fine, per questo ragazzo, non c’è stato niente da fare. E’ morto tra le braccia dei due agenti che tentavano di fermare l’emorragia dopo la caduta in terra, recidendosi l’arteria femorale, dopo essersi colpito con un fendente al cuore, ma le ferite che il giovane si era inferto erano troppo gravi per dargli scampo.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, qualche istante prima, Barsotti, si trova dove ha sede la questura. Aveva una bottiglia di vetro, che infrangeva contro il ferro della balaustra che delimita il marciapiede. Un poliziotto al lavoro alla centrale operativa del 113 sente il fragore del vetro e guarda dalle telecamere di sorveglianza in strada, vedendo così il ragazzo con in mano un coltello, e invia conseguentemente d’urgenza due agenti in pattuglia.
Non appena Barsotti vede arrivare la polizia, si dà alla fuga. Gli agenti scendono dall’auto intimando al ragazzo di fermarsi, ma Barsotti è già sul vialetto che conduce agli spalti, e mentre attraversa il viale rischia di venire investito. I poliziotti cercano di raggiungerlo, perché vedono che il ragazzo continua a ferirsi con l’arma, mentre corre. Arrivato sotto al baluardo si infligge un colpo al cuore e poi alla gamba. Ma a quel punto è una maschera di sangue, cade a terra. Non ci sarà più niente da fare.
I due agenti, nel frattempo raggiunti da un’altra pattuglia e da altri giovani che hanno appena assistito alla scena, tentano disperatamente di tamponare le ferite, mettendosi loro stessi a rischio, con grande coraggio e spirito di abnegazione. Anche questo tentativo è stato del tutto vano.
I genitori di Nicola, avvisati della tragica morte, hanno descritto un ragazzo distrutto dal suo recente passato. Il padre, in particolare, ha raccontato agli investigatori di temere che il figlio potesse farla finita, di aver insomma captato delle problematiche interiori. In un recente sfogo, infatti, glielo aveva detto chiaramente: “Piuttosto che finire in carcere mi ammazzo“, e così è stato.
Barsotti, al suo rientro a Lucca dal Messico, si era chiuso in se stesso, mostrando a chi gli era più vicino i primi segni di squilibrio. In cura da professionisti, non riusciva, secondo il racconto reso dai genitori, a togliersi dalla testa, che sarebbe stato arrestato a breve. Una paura che lo ha letteralmente divorato interiormente, portandolo infine al tragico epilogo.