I migliori testimonial di Napoli nel mondo seguitano a palesarsi i turisti capaci di vestire i ben più comodi abiti dei napoletani adottivi e l’ennesima testimonianza pervenuta da un illustre rappresentante della suddetta categoria lo conferma:
«Si piange due volte quando si viene a Napoli: quando si arriva e quando si va via». Dopo avervi trascorso tre anni in qualità di Console generale di Francia e direttore del Grenoble, spero di riuscire a smentire questo adagio, tanto più che il clima può essere tanto umido che Napoli non ha bisogno di pianti bensì di essere amata, compresa e ancor prima di tutto necessita di azioni. Per quanto riguarda essere amata, il mio colpo di fulmine risale al periodo della crisi dei rifiuti, quando sono arrivato da turista per la prima volta nel 2010: ciò per dire quanto il mio amore sia incondizionato, perché quel momento mi ha permesso di scoprirne contemporaneamente la buona e la cattiva sorte. Mi ero ripromesso di ritornarci per scovare il mistero di questo fascino contraddittorio. Avevo amato e continuavo a scoprire ogni giorno il modo inimitabile, disinvolto e intimo dei Napoletani di animare (vivere) la loro città e la loro storia. Per il resto, durante questi tre anni, tra via Crispi e il mio trespolo di Monte di Dio, ho potuto condividere incanti e furori dei Napoletani contro la loro città… e i suoi stessi abitanti. Il patrimonio incommensurabile di Napoli, materiale ed immateriale, continua ad incantarmi, eccetto i pezzi di cornicioni che crollano e i parcheggiatori abusivi. Preferisco pensare ad altro, come ai giovani architetti franco-italiani del gruppo Le jardin che hanno riabilitato un bastione del Castel Sant’Elmo, restituito alla poesia e alla meditazione. Uno di quei molteplici esempi di riqualificazione del territorio dalla società civile e che il Grenoble ha sostenuto e promosso. Penso anche all’azione di Antonella Di Nocera a favore del cinema a Ponticelli, scoperta con ammirazione dalla nostra Ambasciatrice. In tal senso Napoli, con le sue problematiche, rappresenta un laboratorio ineguagliabile di idee e di azioni. Durante questi tre anni, mentre altri Paesi si ritiravano dalla città, la Francia ha sostenuto ma anche sviluppato la sua presenza a Napoli. Ha deciso di mantenere sia una rappresentanza diplomatica competente per tutto il Sud che un Istituto culturale. Importanti lavori di ristrutturazione sono stati realizzati, dopo quelli della mediateca che propone tante attività tra giochi e fumetti in francese, la scuola Alexandre Dumas, in pieno sviluppo, nonché la sala spettacoli del Grenoble sono stati modernizzati per rispondere alle attese di un pubblico numeroso quanto desideroso di crearsi, con la padronanza del francese, una maggiore opportunità di lavoro a Napoli o nel mondo francofono. Il successo del doppio diploma di maturità franco-italiano Esabac in Campania lascia presagire il meglio per i nostri rapporti, con una volontà di sostenere i settori del futuro ossia dei mestieri del turismo e della cultura. La Francia continua, nonostante le difficoltà, a credere in Napoli e nel suo futuro da capitale mediterranea. Le vicende del porto o di Bagnoli, la tragedia che ha colpito Città della Scienza non hanno favorito l’immagine di Napoli mentre una concertazione per un’azione coerente su questi grandi temi sarebbe proprio auspicabile. Lasciando Napoli mi sembra che si sia acutizzata la presa di coscienza dello spreco del tempo e che la necessità di un’apertura internazionale ancora più forte si stia pian piano affermando sul mondo chiuso degli interessi particolari. In tal senso la nomina di un nostro compatriota, Sylvain Bellenger, al Museo di Capodimonte o il coinvolgimento del Centro Archeologico «Jean Bérard» nei progetti di valorizzazione di Pompei, tanti segnali di una nuova era che mi sembrano sorgere con delle possibilità di cooperazioni per Napoli e la sua regione. La mostra dedicata a Murat, re di Napoli, a Palazzo Reale ha dimostrato la capacità di mobilitazione dei responsabili culturali locali con mezzi limitati ma con una passione tale da sconfiggere ogni ostacolo. Coniughiamo perciò i talenti napoletani e francesi, come Napoli con Joachim Napoleone. La Francia è pronta a fare la sua parte. Così come con la Stazione Anton Dohrn, gioiello scientifico europeo, dei contatti fruttuosi sono già in corso per un progetto di grande investimento europeo insieme con il nostro Paese. Nello scorso luglio, il nostro servizio economico ha organizzato un convegno con la Confindustria sull’investimento e un altro è in via di preparazione con Città della Scienza sulle start up. Grandi attese esistono con l’annuncio di un piano per il Sud, che permetterebbe finalmente di rimobilitare i suoi talenti ed i suoi giovani. Durante questi tre anni, nonostante una crisi meridionale quasi senza pari, congiungendo la presenza francese, politica, culturale ed economica, insieme con l’équipe del Grenoble abbiamo tentato, ad altezza delle nostre possibilità, di mantenere e di concentrare la nostra presenza per rispondere alle richieste del pubblico napoletano. Sono stato pertanto particolarmente commosso dall’onorificenza della città consegnatami dal sindaco di Napoli lo scorso 14 luglio in riconoscimento proprio di questi sforzi. Ieri il mio vicino di casa mi ha chiesto cosa avrei portato via da Napoli. Non ho saputo cosa rispondere in quel momento. La mia risposta oggi è: Napoli è una lezione permanente di tenacia, di umanità e di volontà di vivere, che non si deve tralasciare per la nostra Europa dal difficile divenire. Lascio Napoli senza piangere ma con la speranza di tornarci per amarla meglio ancora, con meno lacrime ma sempre con l’incanto di Partenope.”
Console generale di Francia a Napoli