Si assiste all’ennesima tragedia del Mediterraneo; sarebbero almeno 160 i cadaveri emersi ieri nelle acque davanti a Zuwara, in Libia. Altri 40 sarebbero stati trovati all’interno della stiva di un’imbarcazione arenatasi sempre sulle coste libiche. Anche questa volta, si delinea un bilancio orribile: 200 morti, probabilmente ‘frutto’ di un doppio naufragio. Inoltre, è talmente difficile recuperare tutti i cadaveri che le ricerche non sono ancora terminate.
Fortunatamente però, un centinaio di persone sono state tratte in salvo, mentre almeno un altro centinaio sarebbe disperso. I cittadini di Zuwara hanno risposto con una manifestazione contro l’immigrazione clandestina, o meglio, contro il traffico di esseri umani e contro i trafficanti.
Nel frattempo ammonterebbero già a 300mila i migranti che hanno sfidato le acque del Mediterraneo in cerca di un futuro migliore, di una speranza di vita, che diverse volte si è tramutata in morte orribile. Cifre che già nei primi otto mesi del 2015 hanno di gran lunga superato quelli dello scorso anno, il 2014, conclusosi stimando 219mila persone passate dall’altra parte. Nel tentativo di portare al termine l’impresa, sarebbero morte (o risulterebbero comunque disperse) almeno 2.500 persone.
Tra Sicilia e Calabria, continuano inarrestabili gli sbarchi, mentre nel cuore dell’Europa si continua a morire. Nascosti per l’ennesima volta, costretti a lottare per la propria esistenza. Alcuni ce l’hanno fatta, come i 27 migranti trovati nascosti a bordo di un camion frigo con targa italiana nell’Inghilterra del sud. Altri, invece, hanno perso la vita durante l’ennesimo tentativo di ottenere un esistenza dignitosa, dignità che non ha trovato riscontro nemmeno nella morte. Per i 71 morti trovati in un camion abbandonato lungo un’autostrada in Austria, sono state arrestate quattro persone, situazione tesa anche in Ungheria.
Intanto sono giunti a Palermo i migranti trasportati sul barcone dove sono morte asfissiate ben 52 persone. Gli scafisti di quell’imbarcazione sarebbero stati almeno dieci, sei dei quali già individuati al momento dell’arrivo della Poseidon nel porto di Palermo.
Si fa riferimento non solo al reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma anche quello di omicidio per quei 52 morti. In particolare, ha spiegato il procuratore aggiunto di Palermo, Maurizio Scalia, l’accusa di omicidio è legata alle condizioni indegne in cui sono stati costretti i migranti, ovvero in uno spazio minuscolo dove i corpi degli stessi migranti coprivano le due uniche fonti di ossigeno, due minuscole finestrelle. Testimonianze da far accapponare la pelle, che per molti sono ormai diventate abitudine. Le parole dei vissuti raccontano una vera e propria traversata dell’orrore più che viaggio della speranza: l’inferno di 200 persone chiuse in una stiva alta appena un metro e mezzo. Uscire era impossibile, a meno di non voler affrontare le botte e le coltellate degli scafisti.
«Sono inorridito e con il cuore spezzato per la morte dei rifugiati e migranti nel Mediterraneo e in Europa», queste le parole del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, sottolineando come «la comunità internazionale deve mostrare maggiore determinazione nella risoluzione dei conflitti e di altri problemi che non lasciano alle persone altra scelta che fuggire, altrimenti il numero di sfollati, oltre 40.000 al giorno, non potrà che aumentare».
Nel frattempo alla Casa Bianca si fa fatica a capire le reali difficoltà incontrate dai 28 Paesi della Ue nel trovare una via di uscita a una emergenza così grande, che assume sempre più le dimensioni di una catastrofe umanitaria. Di sicuro l’Unione Europea in primis, ma anche i restanti paesi occidentali non possono più far finta di nulla.