Martina Levato e il suo bimbo sono stati separati a seguito del provvedimento dei giudici minorili. Il bimbo, da meno di 24 ore uscito dalla clinica, è stato trasferito in una comunità protetta per minori, mentre la madre è rientrata in carcere. Come chiarito dall’avvocato Stefano De Cesare però, Martina ha comunque visto, come nei giorni precedenti, il bambino.
Dopo aver partorito alla clinica Mangiagalli la giovane, condannata a 14 anni di carcere per un aggressione con l’acido, rientra nella casa di reclusione. Non saranno sospesi però gli incontri. Martina Levato potrà ancora vedere il piccolo Achille. I servizi sociali del Comune di Milano dovranno stilare una relazione entro il 30 settembre sul rapporto tra Martina Levato, Alexander Boettcher (il padre, condannato anche lui alla stessa pena della Levato per l’aggressione) e il loro figlio.
Non tutti, all’interno della clinica Mangiagalli di Milano erano concordi nel dimettere la Levato, ad ogni modo su una questione i giudici del Tribunale dei minori di Milano erano e sono perfettamente in sintonia: Martina Levato e Alexander Boettcher non sono in grado in questo momento di accudire il figlio. Lo sostengono nel provvedimento col quale hanno disposto che il bimbo venga messo in una «comunità per soli minori anche di tipo familiare».
«Si ritiene – è quanto scrivono nel provvedimento firmato dal presidente Antonella Brambilla – che entrambi i genitori del minore non siano in grado, per quanto emerso finora dagli atti, di potersi occupare adeguatamente del figlio, per tutte le ragioni esposte ed anche considerato lo stato detentivo di entrambi, che al momento si prospetta in tempi più lunghi rispetto alle prime fasi di sviluppo dell’infanzia del bambino». E ancora: «La vicenda criminosa evidenzia da parte di Martina Levato un’assenza di pensiero e di sentimento rispetto alla vita». Spiegando anche come il «progetto procreativo» di Levato e Boettcher si sia sviluppato «in concomitanza al progetto criminoso».
Ma in tutta questa faccenda, non bisogna perdere di vista le reali vittime, e in questa storia ce ne sono almeno due, insieme alle rispettive famiglie. La prima è Pietro Barbini: un ragazzo di 22 anni che in questo preciso momento indossa sul volto una maschera “rigeneratrice” per 18 ore al giorno. Quattordici interventi chirurgici, e chissà quanto altri per capire quanti e quali danni abbia fatto l’acido. Una vita letteralmente bruciata. Ma perché Pietro è nell’elenco dei “colpevoli” da eliminare, giustiziare? Perché al liceo era stato compagno di classe di Martina Levato, e i due avevano avuto una storia. Successivamente, un giorno, quando lei ha già incontrato in un locale Alexander Boettcher , Pietro e Martina si sentono di nuovo. Lei gli racconta. Forse gli mostra dei video in cui Alexander documenta come lei “obbedisca a ogni mio volere”. Pietro forse le chiede perché fai questo? Forse le dice di lasciarlo. Forse.
Si ipotizza, da frammenti di atti giudiziari, che lui le dica quello che qualunque amico, qualunque compagno di banco, di studi, qualunque ex ragazzo direbbe. E sarà proprio questa la sua colpa.
Lei lo convoca ad un appuntamento. Pietro non sa, naturalmente, di essere il terzo o forse il quarto di una lista di ex ragazzi di lei da cancellare. Era toccato prima a Stefano Savi, scampato per miracolo all’acido, poi ad Antonio Margarito,: appuntamento con Martina, sosta in macchina, tentata asportazione del pene. Nove punti alla mano, ha visto in tempo il coltello. Ora tocca a Pietro. Due bottiglie di acido in viso, rischia di perdere l’occhio destro, l’udito.
La seconda vittima è un neonato, Achille. Qualunque sia la sorte di questo bambino arriverà certo un giorno in cui scoprirà la sua storia. Arriverà quel giorno, per Achille. Che davvero non ha nessuna colpa, davvero non ha scelto e non sa, ma ancor prima di nascere è stato catapultato in questa orrenda storia.