Luigi Galletta, 22 anni, incensurato, professione meccanico, ucciso due giorni fa, raggiunto al cuore da tre colpi di pistola, nell’ambito di quello che presenta i chiari e marcati tratti dell’agguato in piena regola, mentre era nel pieno esercizio delle sue mansioni, nell’officina in cui lavorava, in via Carbonara, a due passi dalla stazione centrale di Napoli.
Un omicidio inequivocabilmente di stampo camorristico, ma che gli inquirenti faticano a collocare in un quadro ideologico che ne legittimi il movente, in virtù dell’estraneità della vittima alle dinamiche criminose in voga tra i giovani del centro storico accorpati sotto l’etichetta di “baby-camorristi”.
Un lavoratore onesto, Luigi, dalla fedina penale immacolata, al pari della sua famiglia, composta da persone perbene che non hanno mai avuto problemi con la giustizia.
Un delitto di camorra non destinato ad un uomo di camorra: quest’aspetto infittisce il mistero che aleggia intorno al cadavere di un ragazzo di 22 anni che non è stato affatto ucciso per errore.
Questo è fuori discussione e su questo non vi è dubbio.
Chi ha sparato a Luigi, lo ha fatto con il chiaro intento di uccidere, di uccidere lui. Proprio lui.
Questa l’unica certezza che gli inquirenti stringono tra le mani, al momento.
Scartata la pista dell’errore di persona, tentare di decifrare movente e sicario appare, insomma, assai complicato. Lo è soprattutto per effetto dell’omertà e della paura, i complici più fidati dei camorristi e che trovano nel clima che aleggia nei quartieri del centro storico – in virtù della faida di camorra che tiene banco con insistenza negli ultimi tempi – un terreno assai fertile sul quale attecchire.
Qualcuno potrebbe aver visto, ma negherà anche a sé stesso di averlo fatto.
Questa dovrebbe rappresentare un’altra recriminante certezza con la quale gli inquirenti dovrebbero fare i conti: il killer ha agito a volto scoperto, forte del passamontagna d’indennità naturalmente e gratuitamente fornitogli dalla politica omertosa praticata, diffusa, radicata nel tessuto sociale.
Dai bambini agli anziani, senza tralasciare ragazzi, donne, uomini, adulti. Dal barbiere all’operaio, dall’impiegato di banca al netturbino: l’omertà è una divisa confacente a tutti i ceti sociali e capace di calzare bene a tutte le taglie, a tutte le età, a tutte le coscienze.
Luigi potrebbe essere stato punito per aver commesso qualche genere d’errore che la camorra non perdona. Questa l’ipotesi che piccona il quadro investigativo con maggiore incidenza.
Appare azzardato avanzare illazioni ed ipotesi, ma, con il trascorrere delle ore, le certezze vacillano alla ricerca di un labile e sostanziale indizio dal quale partire e sul quale ancorare la ricostruzione della verità, volta quantomeno a conferire giustizia alla barbara esecuzione di un innocente. Voci di marciapiede – ora anche al vaglio degli inquirenti – raccontano di un sinistro presagio che avrebbe anticipato l’uccisione del ragazzo: nella mattinata di venerdì, poco prima dell’agguato, Luigi litigò con due persone. Volarono parole grosse che in breve infiammarono il diverbio facendolo anche degenerare. Oltre agli insulti, pare che uno dei due interlocutori del ragazzo gli rifilò anche un sonoro ceffone.
Secondo gli inquirenti, proprio in quel litigio, consumatosi in pieno giorno e tra la gente, potrebbe celarsi la chiave del delitto avvenuto poi nel pomeriggio della stessa giornata.
Un torto, un’incomprensione, una disputa: potrebbe celarsi tra queste la motivazione per la quale una mano armata ha inferto tre colpi di pistola contro un cuore di 22 anni.