Livia Barbato, in arte Lilly Bartok, 22 anni, di Fuorigrotta, studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e una passione incontenibile, congenita, fervida per la fotografia.
Una passione suggellata dai primi shot fotografici, cominciati quasi per gioco, tra gli amici. Ritratti, immagini dinamiche, la cura del dettaglio. Tutti particolari che hanno trasformato quella passione in un lavoro, fino a ritagliarsi un piccolo spazio, oltre che un discreto seguito, come fotografa free-lance. Livia era stimata essere una delle fotografie più promettenti della scena partenopea.
“Era”. Per l’appunto.
La vita di Livia, la sua passione, il suo talento, si sono schiantati contro un auto, per effetto di una manovra folle attuata dalle mani e dal delirio del suo stesso fidanzato.
La Clio su cui viaggiava a cavallo delle prime luci dell’alba tra venerdì e sabato scorso, guidata dal fidanzato ventinovenne, Aniello Mormile, si è scontrata frontalmente con la Fiat Panda guidata da Aniello Miranda, quarantottenne di Torre del Greco, che stava andando a lavorare.
Livia e il quarantottenne sono deceduti per le gravi ferite riportate, mentre il ragazzo è attualmente ricoverato in ospedale. Trasportata d’urgenza all’ospedale Cardarelli, Livia è morta poco dopo per l’entità delle ferite riportate.
I due fidanzati avevano trascorso la serata in un locale di Pozzuoli, dove si erano incontrati con un gruppo di amici, com’erano soliti fare ogni venerdì sera. Poi, sulla via del ritorno, all’altezza dell’uscita di Agnano, si è consumata la tragedia.
Il video-shock che immortala la folle corsa contromano della Clio guidata dal ragazzo di Livia, protrattasi per ben cinque chilometri, prima d’impattare violentemente contro la Fiat Panda di Miranda, rivelano che l’inversione di marcia è stata compiuta con pacata e consapevole lucidità e non attuando una brusca manovra.
Questo consente agli inquirenti di ipotizzare che, per quanto fosse annebbiato e soggiogato dall’effetto di sostanze alcoliche, il giovane abbia compiuto l’inversione di marcia con cognizione di causa. Probabilmente, durante il tragitto in auto, tra i due fidanzati è scoppiata una lite ed Attilio può aver compiuto quel gesto scellerato per incutere timore in Livia. Voleva spaventarla, o forse, “darle una lezione”. Punirla.
Secondo le testimonianze dei rimi soccorritori, i primi pensieri e le prime parole del ragazzo erano indirizzate a Livia. Attilio avrebbe rassicurato i presenti sulle sue condizioni ed avrebbe intimato loro di occuparsi della ragazza.
Dov’è finito questo premuroso senso di protezione durante quei cinque chilometri di follia?
Pensare e ripensare a tutte le volte che, in una direzione e nell’altra, abbiamo percorso quella stessa lingua d’asfalto, oggi, all’indomani di due morti così atroci, fa gelare il sangue nelle vene.
Una riflessione che consegna una consapevolezza cocente: è sempre la sorte scalfita nel nostro destino a dettare la direzione, il verso e la destinazione delle strade che percorriamo, animati dall’illusoria convinzione di essere noi a sceglierle, a scegliere.