Piazza del Gesù Nuovo è stata da tempo, dichiarata patrimonio dell’umanità non senza motivo.
Ad ogni angolo, un pezzo di storia si erge ancora maestoso, abbracciando a trecentosessanta gradi il passeggio di tutti, turisti e residenti.
Dal Monastero di Santa Chiara si innalzano le note amare dell’omonima canzone che narrano di una guerra devastante; le porte dell’attuale liceo classico Antonio Genovesi un tempo celavano le enormi stanze del Palazzo della Congregazione il quale, alla fine del ‘500, formava l’insula gesuitica o complesso della Congrega dei Gesuiti assieme alla Chiesa del Gesù Nuovo, uno dei luoghi più misteriosi di Napoli.
Non solo dentro, ma all’esterno. Sulle mura.
“Bugnato” sta per costruzione di pietra, spesso muraglia, in cui i blocchi sono posti l’uno sopra e di fianco l’altro, con cadenza ripetuta, sporgendo a punta di diamante.
Di dieci centimetri circa di lunghezza, sembrano lettere (inequivocabile, per esempio, è la A), somigliano ad antichi simboli alchemici (la A stava a significare “magnesio”, per i pionieri della chimica), probabile è che ricordino simboli astrali (la stessa A, vista meglio, potrebbe significare “leone”).
Una delle teorie, ritenuta poi errata, affermava che ogni pietra del bugnato era stata “marchiata” per ricordare da quale cava di tufo fosse stata raccolta e trasportata.
Un’altra diceva che i simboli fossero stati impressi per ricordare le squadre di lavoro dei “pipernieri” (un nome più preciso rispetto a “scalpellini” e più nobile rispetto a “tagliapietre”: erano infatti coloro che riuscivano a incidere nelle pietre di piperno, dure da lavorare).
Molto improbabile: nessun nobile avrebbe mai permesso uno scempio del genere su una costruzione così maestosa.
La leggenda più nota e più sentita dal popolo napoletano, vuole che i simboli incisi sulle pietre siano “canali di flusso” per incamerare energie positive e ricacciare quelle negative: Roberto Sanseverino, principe di Salerno, nel 1470 ordinò a Novellino di San Lucano la costruzione della Trinità Maggiore, cioè la Chiesa del Gesù Nuovo.
Qui la leggenda si divide in due parti: la prima gioca sull’ignoranza dei maestri pipernieri, i quali avrebbero malauguratamente costruito il bugnato impilando le rocce al contrario. In tal modo gli influssi negativi sarebbero entrati nell’edificio e quelli positivi sarebbero sfociati all’esterno.
La seconda pare sia quella più accreditata: si è parlato di maestri pipernieri, coloro che ricevevano la conoscenza dell’antica arte del taglio della pietra campana (fin dai tempi dell’Antica Roma) da una potente quanto segreta corporazione che li obbligava al “giuramento degli apprendisti”. Molti di essi erano anche abili conoscitori dell’alchimia e dell’esoterismo. Quindi avrebbero compreso come disporre le pietre magiche (si sospetta che lo stesso Roberto Sanseverino li avesse chiamati a corte perché anch’egli conoscitore della magia) e quindi non si sarebbe trattato di un errore così grossolano (si sospetta che questi furono corrotti dai nemici del nobile).
Non ci è dato saperlo, almeno non ancora. Sta di fatto che nei secoli il Gesù Nuovo sarebbe stato afflitto da numerosi malefici: la completa distruzione di un’ala del palazzo, gli innumerevoli crolli della cupola e il successivo incendio della chiesa.
Per non parlare di ciò che accadeva ai tempi di Raimondo di Sangro, principe di San Severo.
Per scoprire poi, il vero significato di quei simboli misteriosi, abbiamo dovuto aspettare il 2005.
Lo storico dell’arte, appassionato di rinascimento napoletano e musicofilo, Vincenzo De Pasquale ha decifrato il significato dei simboli sul bugnato: si tratterebbe di uno spartito musicale scritto in lettere aramaiche, in totale sette lettere, da leggersi al contrario: dal basso verso l’alto, da destra verso sinistra.
Un pentagramma sulla facciata del Gesù Nuovo.
E così vennero alla luce le prime note di quello che sarebbe diventata “Enigma”, partitura di un concerto per strumenti a plettro della durata di tre quarti d’ora circa.
Gli studi proseguono, anche perché il prof. Réz, musicologo ungherese amico di De Pasquale, dichiara che lo spartito si possa leggere in altri nove modi diversi e che lo stesso spartito abbia delle assonanze addirittura con l’ “Herr Jesu Christ, dich zu uns wend, BWV 655” di Johann Sebastian Bach, che fu un massone a Napoli e che, a questo punto, è ipotizzabile sia stato influenzato dall’opera occulta.