Mentre tra il strade dell’isola verde impazzano i festeggiamenti in onore di San Pietro e un lungo formicaio di persone anima la processione, sfilando al seguito della statua, un parimenti nutrito grappolo di persone mastica battute e borbottii in attesa di conquistare un posto nell’ascensore che, arrampicandosi tra le visceri del Castello aragonese, le condurrà nel cuore della terza serata dell’Ischia Film Festival.
Tra le sagome che compongono la fila, spicca quella di uno “spettatore di lusso”, sorridente e abbronzatissimo: è Francesco Paolantoni.
All’indomani della serata di cui è stato grande protagonista presentando al pubblico il film di Ficarra e Picone “Andiamo a quel paese”, impreziosito dal contributo dell’attore napoletano nell’esilarante ruolo del carabiniere, Paolantoni non ha voluto privarsi del piacere di concedersi una serata contornata dell’intrattenimento che solo il buon cinema d’autore di casa nostra sa consegnare.
Una serata che propone un autentico “scontro tra titani”: “Anime nere” di Francesco Munzi, vincitore di 9 David di Donatello e di innumerevoli altri riconoscimenti e pertanto una delle produzioni più attese nell’ambito della kermesse ischitana; sull’altro fronte, però, si colloca “Noi e la Giulia” creatura forgiata dalla rivelazione Edoardo Leo e che ha altresì collezionato innumerevoli premi e consensi.
In effetti, una volta giunti a destinazione, al cospetto del parterre raccolto nella splendida terrazza contornata da un tramonto scalfito da infinite sfumature di colori, si respira a pieni polmoni un’atmosfera gioviale, impreziosita da indiscutibili personalità di spicco della scena cinematografica italiana: Edoardo Leo, Marco Bonini, Francesco Munzi, Carlo Buccirosso, Lillo Petrolo.
Sfottò, battute, siparietti divertenti: gli attori scherzano ed allegramente si punzecchiano tra loro, smorzando i toni formali ed imponendo alla circostanza una sagoma molto più fluida e rilassata.
Edoardo Leo, autentica rivelazione del cinema italiano, pratica umiltà e parsimonia, elogiando al pari tutti gli elementi che hanno concorso ad arricchire la sua opera, perché, come lui stesso sottolinea, sono gli interpreti che valorizzano quanto da lui scritto: “Piacere al pubblico ed essere trasversali.” Questo il credo sul quale l’attore romano ancora la sua anima artistica. “Mi piace l’idea di catturare il consenso dei giornalisti, ma anche del macellaio sotto casa. Lo stesso gusto per la realtà ci ha portato a scaricarci dal nostro ego di attori per lavorare sulla commedia.”
“È un racconto folgorante, – spiega Carlo Buccirosso – in cui il regista è stato capace di coinvolgere l’attore. Senza la sceneggiatura, l’attore può poco e in questo film ho avuto le premesse per mettere qualcosa di mio.”
In merito al David di Donatello come attore non protagonista, Buccirosso ironizza così: “Sono sempre stato un attore a disposizione degli altri, ecco perché sono sempre non protagonista!”
Il film, vincitore, difatti, di due David di Donatello, oltre a quello consegnato a Buccirosso, va annoverato il David Giovani a Edoardo Leo; due anche i Nastri d’argento come Migliore commedia a Edoardo Leo e Migliore attore non protagonista a Claudio Amendola; due Ciak d’oro come rivelazione dell’anno a Edoardo Leo e Miglior attore non protagonista a Claudio Amendola; un Globo d’oro come Miglior commedia a Edoardo Leo; Bari International Film Festival: Premio Luciano Vincenzoni – Migliore sceneggiatura a Marco Bonini e Edoardo Leo, Premio Alida Valli – Migliore attrice non protagonista a Anna Foglietta, Premio Alberto Sordi – Miglior attore non protagonista a Carlo Buccirosso.
Un biglietto da visita eloquente che ben valorizza il pregio della pellicola, scritta e diretta da Edoardo Leo e tratto dal libro Giulia 1300 e altri miracoli di Fabio Bartolomei.
Diego, Fausto e Claudio, alias Luca Argentero, Edoardo Leo e Stefano Fresi, sono tre uomini insoddisfatti della propria attività. I tre, spinti dai fallimenti personali o lavorativi, fuggono da Roma ed acquistano insieme un casale in campagna con l’intento di aprire un agriturismo. A loro si uniranno, poi, Sergio, un irruento e nostalgico sostenitore del comunismo, interpretato da Claudio Amendola, un nome sinonimo di garanzia, ed Elisa, interpretata da Anna Foglietta, una giovane donna realmente incinta. Già, lo stesso Edoardo Leo racconta che quando ha proposto all’attrice di entrare a far parte del cast, la donna con sommessa rassegnazione ha rifiutato proprio perché in dolce attesa. Così Leo ha riscritto il copione per cucire il ruolo di Elisa sul “pancione” di Anna, in quanto riteneva un’ingiustizia dover vedere un’attrice valida rinunciare ad un lavoro solo perché incinta. Di certo, quel pancione, concorre a conferire un valore aggiunto prezioso alla trama. Così come accade con il sopraggiungere di Vito alla guida di una vecchia Alfa Romeo Giulia 1300: il boss della camorra interpretato da Carlo Buccirosso, insieme alla sua banda impone il pizzo ai quattro aspiranti albergatori, costringendoli a dover lottare per poter affermare i propri diritti. Il “Casal dei Pazzi” diventa simbolicamente un avamposto contro i soprusi delle mafie.
E che come lo stesso Edoardo Leo professa consegna un invito a “Dare una possibilità alle persone che non l’hanno avuta”.