Il tramonto è una fine che lentamente s’immerge in un inizio… Un consueto, ma sempre inedito inizio. Non sai mai quali emozioni si disegneranno nel cielo la notte che verrà, tra stelle e bagliori artificiali… il tramonto è come un amore passionale dalla cui fusione con ambizioni e fantasia nascono i sogni migliori. Le idee migliori. Quelle che, forse, talvolta, sono destinate a sfocare con il sopraggiungere dell’alba. Eppur, senza di loro, senza la magia del sogno, la notte perderebbe la sua essenza più magica, si vedrebbe clamorosamente privata della possibilità di sfoggiare il suo abito migliore e più sensuale.
Il cinema è sogno. È l’esterazione più corposa e concreta dei sogni.
Il cinema è la possibilità di immortalare su una pellicola storie di fantastica o fantasiosa verità, arricchite dal fascino peculiare del “quando si sogna tutto è lecito”. Ed è per questo che sognare è sempre lecito.
Il Castello aragonese, il tramonto, il mare, il vento che accarezza i sogni e galvanizza le intenzioni: in questo clima “d’irreale eppur reale realtà”, prende forma la seconda serata dell’Ischia Film Festival 2015.
Un volto abbronzato sul quale spicca una barba folta e canuta che abbraccia una capigliatura affine: è Francesco Paolantoni, una delle guest star della serata che concorrono ad animare il di per sé suggestivo clima.
Cordialità, ilarità, cortesia da sempre i punti di forza della verve dell’attore napoletano che in questa sede non recita un ruolo, ma conferisce una spontanea testimonianza di genuinità che rilancia, di riflesso, il valore e la valenza del personaggio che è chiamato a raccontare e presentare. Disponibile e divertito, così come lui stesso ha asserito che dovrebbe sempre essere per un attore. E tra uno scatto fotografico, un sorso di vino e una battuta, il goliardico Paolantoni si lascia sfuggire che sta lavorando al suo primo film da regista. Tuttavia, il comico è giunto all’Ischia Film Festival per presentare la pellicola che lo vede in coppia con altre due e parimenti fervide icone del parterre artistico meridionale: Ficarra e Picone. Le parti che figurano in “Andiamo a quel paese”, film che sancisce finanche il debutto in cabina di regia del duo siciliano, da tempo immemore, dispensano sorrisi, leggeri, talvolta provvidenziali perché capaci di snellire le brutture della quotidianità, pregna di quel trambusto di grattacapi ed angoscia che rimarcano l’ordinaria realtà della maggior parte degli italiani.
Un film che in maniera tanto geniale quanto acuta accende i riflettori sui luoghi comuni più tristemente e notoriamente consolidati nella forma mentis del nostro Paese: l’Italia dei raccomandati e del raggiro, quella in cui l’arte di arrangiarsi diventa “un’arma” da utilizzare con ingegno e un pizzico di fortuna.
Una trama che diverte e si rivela capace di trainare spontaneamente e in maniera inconsapevole verso riflessioni altamente profonde, con il sorriso sulle labbra, perché, del resto, anche il “non prendersi troppo sul serio” è un altro caposaldo sul quale è cucita l’anima italiana.
Tra i protagonisti della pellicola, spicca anche la poliedrica Fatima Trotta che già nel ruolo di presentatrice di Made in Sud ha ampiamente dimostrato la versatilità della sua figura professionale: conduttrice, ballerina, tutt’altro che disdicevole cantante e sul set ambientato in uno dei meandri più ruvidi della Sicilia, ben si difende anche nei panni di attrice.
“Andiamo a quel paese” non è il “solito” campanilista inno al meridione, ma una commedia, fresca, rocambolesca e dinamica che fotografa uno stralcio di realtà attraverso un obiettivo farcito d’ironia.
Contrariamente a quanto asserito dal sempre giocoso Paolantoni, non è la suggestiva location ischitana ad aver “abbellito” la pellicola concorrendo a riversare sul film una copiosa tanica di magia utile ad impreziosirne la qualità, risulta, piuttosto, più lecito asserire che “Andiamo a quel paese” ha disegnato una delle emozioni più colorate nel sognatore cielo dell’isola verde.