“L’altra Napoli Est”, quella sopraffatta dalle angherie dei suoi stessi figli, ritorna alla ribalta e prende il sopravvento tra le pagine di cronaca, tra le pieghe della prima e soleggiata domenica d’estate.
Stanotte il latitante Luigi Cuccaro, reggente dell’omonimo clan egemone nel quartiere Barra, è stato arrestato dai carabinieri della compagnia di Torre Annunziata.
Cuccaro, latitante da due anni, è stato scovato proprio a Barra, all’interno di un’intercapedine allestita a casa del cognato, roccaforte del clan, in un nascondiglio ricavato tra le pareti dell’ingresso, a cui si accedeva rimuovendo un attaccapanni.
Era lì, a casa del cognato, che Cuccaro doveva incontrare la moglie e il figlio piccolo, dov’era stata organizzata una festa per il suo onomastico.
Luigi Cuccaro era ricercato da due anni: destinatario di tre ordinanze di arresto emesse su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia per omicidio, associazione per delinquere di tipo mafioso e associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e al contrabbando. Un arresto importante che infligge un altro duro colpo alla camorra, dopo le operazioni maturate lo scorso marzo tra Barrea Ponticelli che portarono al ridimensionamento dei clan Cuccaro/Andolfi e De Micco e D’Amico, in lotta per contendersi il territorio, dando luogo, di conseguenza e con notevole frequenza, ad azioni sanguinarie e violente.
In quella circostanza, oltre agli storici affiliati al clan, furono arrestati anche “i soldati”, ovvero, le nuove leve del clan Cuccaro – figli e nipoti di Luigi – schieratisi in prima linea proprio per sopperire alla mancanza sul territorio dei capi in carcere o latitanti, dando forma ad un’autentica organizzazione militare, sempre pronta ad impugnare le armi per affermare l’egemonia del clan.
I militari, da tempo, tenevano sotto controllo la roccaforte del clan, nel quartiere Barra di Napoli, dove si erano concentrate le ricerche del latitante. Malgrado l’ora tarda, la gente del quartiere si è riversata per le strade facendo ressa attorno alle auto dei carabinieri e tentando invano di strapparlo dalle mani dei militari per impedire venisse portato via.
Già, quando le forze dell’ordine si accingevano a portarlo via, in strada ha avuto luogo la solita, agghiacciante scena: un’autentica ressa, durante la quale la gente ha tentato di sottrarre Cuccaro dalle mani dei carabinieri. Nonostante fosse notte fonda, nonostante si trattasse del capo di un clan camorristico.
Ancora una volta, prima della valenza dell’arresto stesso, ai fini della lotta contro il crimine, a fare notizia è la confusione ideologica di quella parte di popolo che ancora rileva ed identifica nel “sistema” la forma di “Stato” da preservare e salvaguardare.
Scene viste e riviste che, tuttavia, si rivelano puntualmente capaci di sortire la medesima suggestione emotiva. Ogni volta, tutte le volte.
Boss al capo di un impero malavitoso, capaci di appropriarsi del trono del monarca senza corona, ma bardati di pistola e livore. Affamati di soldi ed assetati di potere, accecati dell’insano delirio d’onnipotenza che accompagna “la scalata” e la lotta per conquistare il territorio e rivendicare la propria, autorevole e sprezzante, egemonia.
Eppure, la gente non se ne avvede.
Per la camorra è facile fare leva sulla povertà e sul degrado che stanzia tra le classi sociali meno abbienti.
A quella gente basta poco, perché non ha niente. E quel “poco” assicura la fedeltà incondizionata.
È così che la camorra sovverte le regole morali, prima ancora delle leggi dello Stato, per attecchire le sue malsane radici in quei cervelli.
Proprio come fa un tumore.
Perché, la camorra, è proprio questo: una forma di tumore, ideata ed inferta dall’uomo ad altri uomini.