Ostentazione, questa sembra essere la parola del secolo, il carattere predominante di una società in cui si ostenta l’omologazione scambiandola per originalità. Schiavi di una scena già vista, di un film già girato, corpi asserviti a un sistema di comunicazione illusorio e ormai trito e stancante, si aggirano per il mondo tutti con le stesse scarpette già troppo alla moda per non possederne un paio, fieri della loro vana unicità.
Quest’ossessione di riempirsi gli armadi di roba firmata, scaturisce ignorantemente nell’ alimentazione del business dell’ “industria del falso”. Uomini mai stanchi, che come robot, producono a ritmi frenetici e spediscono a getto continuo prodotti che in un vortice di silenzi vengono distribuiti con tale scaltrezza da ingannare i migliori marchi del mondo. In Italia il business della contraffazione fattura circa sette miliardi e mezzo di dollari l’anno, nel Mondo 250 miliardi. Numeri alimentati dalla sfrenata corsa al possesso. Non importa in che modo, di che tipo, l’importante è possederne una abbastanza simile da sembrare la borsa originale, che tutti sfoggiano con orgoglio. Omini e donnine un po’ impettiti che si muovono nelle loro auto, con le loro borse griffate, con il cellulare appena uscito, nelle giacche un po’ strette per il loro petto pieno d’autostima, così tanta da poterlo far scoppiare. Gli stessi omini e le stesse donnine che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese, a trovare un lavoro, ma l’importante è l’apparenza o quelli troppo ricchi da non riuscire a dare un reale valore al denaro, ma impossibile per loro rinunciare al completo firmato.
Ostentare per sentirsi felici, di convenevoli doverosi e gioia effimera, perché nulla sarà mai abbastanza. Una visione del mondo che paradossalmente riporta alla mente quella di Chris McCandless, dalla cui storia è stato tratto il libro e il famoso film “Into The Wild-Nelle Terre Selvagge”, la sua ossessione per la ricerca di una pace che si poneva agli antipodi di quella che per lui era banale vizio di possedere che caratterizza l’essere umano. Così nella didascalia in apertura del film si legge la citazione di George Gordon Byron:
“C’è una gioia nei boschi inesplorati, C’è un’estasi sulla spiaggia solitaria, C’è vita dove nessuno arriva vicino al mare profondo, e c’è musica nel suo boato. Io non amo l’uomo di meno, ma la Natura di più.”
E forse è un po’ su questo che dovremmo fermarci a riflettere, su quali sono le cose che davvero contano, se ciò che ci appare di fondamentale importanza per la sopravvivenza in una società tanto ostica, poi in realtà è ciò per cui vale la pena di vivere.
Chiara Cancelli.