Dopo le decapitazioni e l’attacco alla cultura danneggiando i monumenti, questa volta l’Isis agisce chiudendo le condotte idriche, diminuendo conseguentemente la quantità di acqua a disposizione in Iraq.
Prende di mira, quindi, il bene più prezioso e di prima necessità, come era già avvenuto in passato. Sembra che ogni azione sia progettata a tavolino nei minimi dettagli, e a poco servono le ricerche di informazioni preventive a episodi di questo tipo.
I civili iracheni lanciano l’ennesimo allarme, che li vede minacciati questa volta non più individualmente, ma nella collettività.
Lo Stato islamico si è spinto nella regione di Anbar e ha preso possesso della diga di Ramadi: è stato riferito dall’emittente “Al Arabiya”. Il fiume Eufrate è così stato “privatizzato”, rendendo le sue acque inaccessibili per molte città nei paraggi.
Nei pressi di Habbaniya e Khaldiya, sulla strada per Baghdad, secondo Sabah Karhut (governatore della zona), il livello del fiume si è notevolmente abbassato. L’obiettivo sarebbe quello di conquistare le città e in questo modo le milizie islamiche si starebbero facilitando il lavoro. A metà maggio l’Isis aveva preso Ramadi, una città che oggi gli Iracheni rivogliono indietro, anche se avanzare contro lo Stato islamico sta risultando più complicato del previsto.
Anche Rafea Fahdawi, capo di una tribù locale, ha fatto sentire la propria voce, manifestando la paura di un’imminente crisi umanitaria.