A pochi chilometri dalla città di Saragozza, in Spagna, viene organizzato annualmente un Festival che ha dell’eccezionale in quanto ha luogo in un deserto: il deserto del Monegros.
Quest’anno, per la prima volta, il suddetto evento è stato ripreso anche in Italia, non propriamente in un deserto, ma in un locale della Campania, l’Old River Park: un autentico paradiso per gli amanti della musica underground. Una delle mete più ambite dai cultori del genere in Italia, una delle poche location che consente di stanziare “all’aria aperta tra prati ed alberi in riva al fiume e poter decidere se farsi rapire dalla musica, dalla bellezza della natura o da entrambe.” Negli ultimi 15 anni l’Old River Park ha ospitato i più grandi artisti della scena elettronica mondiale e migliaia di ragazzi dall’Europa del nord all’Italia del sud che ogni anno percorrono tanti chilometri per partecipare ai tanto gettonati party elettronici.
Un evento, quello svoltosi stanotte all’Old River Park, tanto atteso quanto ambito da migliaia di giovani che hanno aderito al rave party svoltosi in questa suggestiva cornice ubicata a Castel Morrone, in provincia di Caserta.
Tra quelle migliaia di anime danzanti, c’era anche quella di Antonio Franzese, un 24enne napoletano, originario di Frattamaggiore, per il quale quel rave ha suonato le luttuose note dell’”ultimo ballo”.
Quel che resta di Antonio, all’indomani di una balorda e sciagurata notte di schiamazzi è una salma giacente nell’istituto di Medicina legale di Caserta in attesa di essere sottoposta ad autopsia, affinché possano risultare più chiare le cause che hanno spento quella giovane vita.
È morto Antonio, in un luogo emblema dello svago giovanile, icona maldestra di quel divertimento estremo che si diverte a giocare a braccio di ferro con la trasgressione, gli eccessi, lo sballo.
Un contesto, che, in verità, tante altre volte è risaltato agli onori della cronaca, reo di aver accolto risse, oltre che per aver dimostrato come la voglia di divertirsi se fomentata da stati d’animo negativi, può e sa sfociare in autentici drammi.
La morte di un ragazzo di 24 anni ne rappresenta la triste ed ennesima riprova, oltre che la conseguenza più estrema di quelle scazzottate scandite da marcati “vagiti elettronici”.
Una morte, a quanto pare, causata da plurime ferite da arma da taglio inferte agli organi vitali.
Un corpo martoriato e trucidato dal “solito” accoltellamento da rissa.
All’Azienda ospedaliera di Caserta, il corpo di Antonio è giunto già cadavere.
Con lui sono stati condotti in ospedale il fratello, anch’egli ferito ed ascoltato dai carabinieri quand’era ancora al Pronto soccorso, ed altri due giovani.
Uno ricoverato con prognosi riservata per la gravità delle ferite da taglio riportate, l’altro, invece, dopo essersi fatto medicare si è dileguato facendo perdere le sue tracce.
“Per gli habitué dei rave party – scrive un ragazzo – è normale mettere in conto che può scapparci la rissa. Sono tante perfino le ragazze che vanno a ballare portando con loro coltelli. Li nascondono negli stivali. Magari non escono neanche di casa con l’intenzione di usarlo quel coltello, ma è solo un modo per sentirsi più sicuri e protetti, perché non puoi mai prevedere in quale situazione ti troverai, una volta giunto al rave. Tuo malgrado. Vai lì per divertirti e invece qualcuno che va lì per fare a botte, perché quello è il duo modo di divertirsi, ti coinvolge in una rissa. Come devi reagire?”
Come puntualmente accade, doveva “scapparci il morto” per giungere a ricercare una risposta pacifica a questa domanda.